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Posts written by Paranoyd

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    Everything Everywhere All at Once (2022), Daniel Kwan, Daniel Scheinert.
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    Aurora
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    La distribuzione di questo film è stata un vero intrigo internazionale. Un travaglio spiegato - secondo me molto bene - dal recensore di Mymovies.
    Mai come in questo caso la fortuna di un film è stata decretata dal far parlare di sè, piuttosto che per i pregi del film stesso. La capziosamente limitata trasmissione nelle sale che ha il sapore della censura (la Disney ha archiviato il film dopo averne acquisiti i diritti), ha innescato - come c'era da aspettarsi - l'effetto opposto, quello di amplificare la curiosità degli spettatori portando l'incasso di Sound of Freedom a superare quello di film come Indiana Jones e il quadrante del destino e Mission: Impossible - Dead Reckoning.

    Le considerazioni su questo film vanno divise in due parti, una politico-ideologica, e l'altra tecnico-artistica. Viene da sè che le considerazioni del primo tipo per un cinefilo/critico che voglia prendersi seriamente devono avere rilevanza pari allo 0 spaccato, ma per uno spettatore medio possono decretare un giudizio di valore molto forte, nonostante - anticipo - si tratti di un film obiettivamente mediocre. Ma procediamo per gradi.

    Sound of freedom tratta il tema delicatissimo del traffico di minori a scopo sessuale. Una donna di bell'aspetto, presentandosi come promoter di un'agenzia del mondo dello spettacolo, mostra ai genitori delle prede adescate dei cataloghi fotografici che ritraggono bambini e bambine in posa, ben vestiti e sorridenti. Un trucco vecchio come il cucco, ma tanto basta per fissare un appuntamento col pretesto di uno shooting. Quando si accorgeranno di essere stati gabbati, per i genitori sarà troppo tardi: i loro figli sono già stati imbarcati in grossi container da sudaticci trafficanti sudamericani per essere venduti a malvagi pederasti e corpulenti figli 'e 'ntrocchia.

    Vanno subito notate un paio di cose che vanno inserite in un’analisi di ordine politico-ideologico:
    - La donna che adesca le prede innocenti è nera (sarà un caso).
    - Il protagonista, americano bianco dallo sguardo languido e provato, salva provvidenzialmente i bambini dai nerboruti trafficanti del Sudamerica (sarà un caso anche qui).

    Come si direbbe in questi casi, il diavolo sta nel dettaglio. Ed è la sinistra dem che è responsabile sia dell’immigrazione incontrollata (i messicani), sia della corruzione della società dello spettacolo (la donna di colore che seduce le proprie vittime con promesse hollywoodiane). Infine, l’eroe americano, il poliziotto messianico che ripulisce il laido giardino continentale degli USA incapace di badarsi da sé, riesce con le sue forze di individuo retto e morale, a sventare la terribile trama.

    Potrebbe sembrare un’analisi azzardata, ma come ha scritto il recensore di Mymovies, questi temi sono stati accolti entusiasticamente dal pubblico americano perché Monteverde (regista e sceneggiatore) ha cominciato a scrivere il film nel 2015, l’anno in cui lo Zeitgeist americano ha subito il riorientamento trumpiano (QAnon, il satanismo della setta ebraica e pedofila dei Democratici ecc…). A questo si aggiunga che i produttori sono due fondamentalisti cattolici (Mel Gibson e Verastègui) e l’attore Jim Caviezel, famoso per alcune sue strampalate dichiarazioni tipo: «E’ Gesù, che sceglie i ruoli per me», o come quelle che danno adito a clamorose teorie cospirazioniste come quella che vedrebbe i Democratici rubare il sangue ai bambini per sintetizzare l’adrenocromo, una droga stimolante (fonte www.rivistastudio.com/jim-caviezel-sound-of-freedom/).

    Tuttavia queste osservazioni non ci dicono nulla del film in sé, che sarebbe scorretto e stupido etichettare in base alle idee di coloro che hanno collaborato alla sua realizzazione. Ci sono film di registi di destra che sono capolavori come quelli di Clint Eastwood e film di sinistra che sono delle ciofeche immonde come Barbie. Ciò che è interessante in questo discorso è la genesi storica (o politico-ideologica), perché essa spiega con esattezza il suo successo di pubblico.

    Veniamo ora alla cosa più importante. Il film e la sua realizzazione tecnico-artistica. Come mi sono lasciato scappare sopra, non è assolutamente un bel film, ma un film come tanti, che ricalca gli stilemi tipici del cinema d’azione americano.

    Tutto incentrato attorno al protagonista, un intenso Jim Caviezel (La passione di Cristo, La sottile linea rossa) che agisce guidato dalla sua profonda morale, anche contro il comando, che gli intima di lasciar perdere le tracce e ritornare perché non vuole accollarsi i costi di un’operazione che farà un buco nell’acqua.
    Purtroppo i difetti di questo genere ci sono tutti: i buoni sono buonissimi e i cattivi cattivissimi. La morale americana non conosce mezze misure, in più si aggiunge la fastidiosissima e lacrimosa ruffianeria che vuole bucare lo schermo raccontando una storia struggente con un livello drammaturgico che è appena una spanna al di sopra di Thor: Love and Thunder. Infatti questo voler essere un po’ film documentario, un po’ drammatico, un po’ action, fa scivolare il film nel polpettone che vuole accontentare un po’ tutti mettendo nello stesso calderone schiavitù sessuale, narcotraffico e thrilling poliziesco. C’è l’idea giustizialista del buono che deve nettare il mondo con le proprie armi che piace ai sempliciotti che non chiedono nulla di più; c’è lo scandalo del traffico sessuale dei minori che fa rabbrividire il pubblico baciapile; c’è il (breve) taglio documentaristico che dovrebbe far appassionare il pubblico colto (il vero Tim Ballard però è tutt’altro che il santo che il film vorrebbe mostrare). C’è il telefonatissimo epilogo a cui si arriva estenuati da una sceneggiatura che ha più bassi che alti, che non riesce mai a dare profondità a personaggi stereotipati e tagliati con l’accetta, che non riesce mai a far decollare il film.

    L’unica nota emozionale proviene da una storia la cui delicatezza esigeva un racconto d’impegno sociale migliore ed un approfondimento che non c’è mai: la pur apprezzabile affermazione che ci sono più persone ridotte in schiavitù oggi che in qualsiasi altro momento della storia (anche quando la schiavitù era legale), sembra buttata lì, perché il cerchio si chiude in una pallida escatologia individuale,
    la bambina continua a giocare nella sua cameretta e l’ordine delle cose (malgrado il sacrificio del fratellino) è stato ristabilito.


    Voto 5

    Edited by Paranoyd - 24/2/2024, 21:26
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    Sound of freedom - Il canto della libertà



    Regia di Alejandro Monteverde. Un film con Jim Caviezel, Mira Sorvino, Bill Camp, Kurt Fuller, José Zúñiga. Cast completo Titolo originale: Sound of Freedom. Genere Azione, Biografico, Drammatico, - USA, 2023, durata 135 minuti.


    CITAZIONE
    È da più di dieci anni che l'agente dell'Homeland Security Tim Ballard porta avanti uno dei lavori più disturbanti che ci siano - dare la caccia a chi possiede e distribuisce materiale pedopornografico. Il suo collega Chris ha appena deciso di mollare, e anche Tim si sente ad un punto di svolta. Dopo aver arrestato in California tale Ernst Oshinsky, Ballard e l'agenzia riescono a bloccare un pedofilo di rientro negli Stati Uniti dal Messico e a liberare il piccolo Miguel. Si scopre così, tra grandi difficoltà emotive, che Miguel era stato rapito mesi prima in Honduras assieme alla sorellina Rocío, tuttora scomparsa. Ballard, ricevuta in dono da Miguel una medaglietta con inciso il nome di San Timoteo, regalatagli dalla sorella durante la loro prigionia, decide così di impegnarsi a ritrovare Rocío, costi quel che costi.

    Arriva in Italia come evento cinematografico per Dominus Production il film-evento dell'estate americana, con il volto e la passione di Jim Caviezel.

    Come si ghermisce lo zeitgeist - lo spirito del tempo - di un'epoca? Se sei fortunato, se sei Hegel, lo ammiri la mattina del 13 ottobre 1806 sulla Johannisstraße di Jena e riconosci in lui, Napoleone a cavallo, "l'anima del mondo" che il giorno dopo avrebbe sconfitto i prussiani. Se sei il regista Alejandro Monteverde, il produttore Eduardo Verástegui, il distributore Angel Studios, se sei tutti noi, insomma, non avresti lontanamente vaticinato il clamore e il successo che Sound of Freedom - Il canto della libertà avrebbe avuto da una parte all'altra dell'oceano, di qualunque oceano: weekend USA di apertura con un incasso di quasi 20 milioni, fine corsa a 184 (decimo posto nella classifica 2023, davanti a moloch come Indiana Jones e il quadrante del destino e Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte 1), altri 66 raccolti in tutto il mondo per un botteghino totale di 250. (al)L'anima del box office, insomma.

    Ma come ha fatto un film indipendente da nemmeno 15 milioni di budget, finito di girare nel 2018, acquistato dalla Fox e poi dimenticato sugli scaffali quando la Disney l'anno dopo si è mangiata lo studios della famiglia Murdoch, come ha fatto, si chiedono tutti, a sfondare la cupola dorata hollywoodiana? Lo zeitgeist, lo spirito del tempo. Che non era quello del 2015, quando Monteverde ha iniziato a programmare e scrivere il film, ma tutto ciò che è venuto dopo, QAnon, MAGA, la presidenza Trump, le "culture wars", lo spettro di una seconda guerra civile - per metterlo nero su bianco, la polarizzazione a tutti i livelli che sta storcendo gli Stati Uniti in questo nostro momento storico.

    Polarizzazione che è stata rimpinzata più e più volte da chi sta dietro Sound of Freedom, Verástegui che dà dei pedofili a chi critica il film, Caviezel oracolo delle teorie QAnoniane sulle elite democratiche che rapiscono bambini per estrarne l'adrenocromo e rimanere per sempre giovani, Ballard, il Tim Ballard reale di cui il film racconta la vera, verosimile, molto stiracchiata storia, che si lancia in superficiali ed iperboliche analisi sul delicato problema del traffico di esseri umani. Monteverde, nel 2015, era partito da un'urgenza reale e profonda, quella della tratta sessuale di minori operata da vari gruppi criminali, forse guardando anche dentro il terribile buco nero della sua anima dopo l'omicidio del padre e del fratello da parte di un cartello della droga messicano.

    E così quello che doveva essere un "semplice" prodotto cinematografico imbevuto di impegno sociale e spirito evangelizzante è scivolato nell'orlo interno della galassia di destra più reazionaria e complottista - da qui le paranoie sui cinema AMC che sabotavano le proiezioni del film che "non vi vogliono far vedere", i sospetti di pratiche commerciali ingannevoli sugli Angel Studios e la politica del "biglietto sospeso", la cacciata di Ballard per molestie dall'organizzazione da lui fondata per contrastare il traffico minorile e perfino la sua espulsione dalla Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni...

    Peccato - in tutti i sensi. Perché Sound of Freedom poteva aprire squarci interessanti su un segmento di mercato che molto spesso non raggiunge la ribalta economica e critica, quello dei "Christian movies" o "Faith-based films", cioè opere espressamente indirizzate ad un pubblico religioso, che spesso afferma di non avere rappresentazione sugli schermi hollywoodiani. E se adesso l'ha fatto, con grande gioia di chi l'ha prodotto e s'è portato a casa piramidi di dollari, molte organizzazioni cristiane ed evangeliche rimpiangono proprio il frullatore complottista in cui il film si è infilato.

    Come è rimasto con l'amaro in bocca il regista Monteverde, sempre silente sulla questione e anche senza un soldo in più in tasca visto che per la distribuzione del film aveva rinunciato alle successive quote di mercato che gli sarebbero spettate. Del suo lavoro non si è poi detto granché, e forse non ci sarebbe poi tanto da dire vista la cascata di retorica emotiva con cui investe lo spettatore (canti di bambini in levare, primi piani su volti sfigurati dal dolore, discorsi motivazionali che sono pamphlet) e le sbrigative architetture messe in piedi (ancora il filtro giallo per il Sudamerica? Ancora l'eroe del Nord del mondo che arriva a sistemare i conti nel resto del continente e poi tornare a casa?).

    Però è da segnare come la sua idea di action-thriller si sublimi in lunghe sequenze di dialogo, preparazione, attesa dell'esplosione che poi non avverrà mai, nelle continue fermate e ripartenze della trama a simboleggiare la crociata senza fine di Ballard, nell'idea molto escatologica che basta il tema e non la rappresentazione e lo sviluppo di questo a legittimare Sound of Freedom. Se non è lo spirito del nostro tempo questo, allora cosa?

    Luigi Coluccio

    fonte MyMovies

    Trailer


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    Concordo in tutto e per tutto con la recensione di Sid.
    E' un film un po' squilibrato: grandissime idee (manipolazione del mondo, creazione elitaria della realtà), bellissima realizzazione estetica (scenografie, location, atmosfere), ma tutto al servizio di una storia che poteva essere raccontata meglio. Gli effetti speciali li ho trovati anche io visibilmente invecchiati. Gli concederei un remake :)
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    CITAZIONE (PENELOPE29 @ 19/7/2021, 20:34) 
    oddio Para is alive!!!!!!

    Nulla potè la morte. ;)
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    Dodes'kaden (1970), Akira Kurosawa.
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    In effetti l'aereo vero o fake che sia è l'ultimo dei problemi di quel film. :D Però è curioso notare come una bufala ripetuta infinite volte diventi nell'immaginario più reale della realtà stessa.
    Goebbels ha fatto scuola...
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    Grazie Wasserman ^^
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    Rivisto proprio ieri e... sì, lo ammetto, solo per il culino di Achille.
    Scherzo :lol:
    diane-kruger-nude-for-a-necklace-in-troy-3100-12


    Purtroppo quando si giudica un film tratto (e non semplicemente ispirato) da un'opera letteraria, non si può non tirare in ballo l'annosa questione se la pellicosa è fedele o meno alla controparte originale.
    Bisognerebbe capire una cosa: che il cinema non è semplicemente la realizzazione scenica della letteratura ma un'arte con dei suoi codici propri e soluzioni narrative che esulano fortemente da quelle strettamente letterarie. Per questo motivo la delusione accompagna sempre i seguaci di questa o quella opera letteraria, poema romanzo o fumetto trasposta sul grande schermo. Un finale in cui Briseide si divincola dalle braccia bramose di Agamennone per accoltellarlo è più cinematografico di quello originale, in cui l'Atride di Micene regna su Troia e conoscerà la sua rovina solo al ritorno in Patria. Così come è più cinematografico trasformare Patroclo in un cugino fraterno, piuttosto che nel discepolo-amante dell' Iliade, dal momento che avrebbe depauperato la virilità machista di Achille in un modo incomprensibile per l'immaginario collettivo del nostro tempo e spostare l'attenzione non sulle sue capacità di uomo d'arme ma sull'omofilia (concetto troppo distante dai giorni nostri) che poco si confà all'idea di eroe greco un po' falsa che tanti hanno nella nostra società.

    Il film si chiama "Troy", e già il titolo pone i presupposti che quello che si andrà a vedere sarà la storia della guerra di Troia: il misfatto di Paride, il tradimento di Elena, l'ira di Achille, il pianto di Priamo ecc... e il fatto che un film assurgendosi in maniera così netta (con tanto di prologo che pretende di storicizzare gli avvenimenti) a chiaro e preciso rifacimento filmico di un'opera così importante ha fatto incazzare anche me. Hai il pretesto di chiamare il tuo film "Troy" però travisi la storia come ti è più congeniale? Per questo alcune critiche sono più che legittime, perchè così facendo ti sei autoincaricato di raccontare la storia di quei personaggi e non lo hai fatto per giunta fedelmente, ma addirittura dandoti arie di veridicità abbastanza pretestuose e a poco a poco tradite. Probabilmente chiamare il film con un altro nome e cambiare il nome dei personaggi sarebbe stato più opportuno, meno vendibile, ma ti saresti risparmiato il paragone con l'originale che così per forza di cose viene porsi. Lasciamo stare poi che in fatto di epica e mitologia gli americani non ci capiscano una beata mazza e non abbiano la sensibilità per portare in scena sentimenti e valori protoeuropei senza scadere nell'americanata da kolossal (storia d'amore tra Briseide e Achille, con questa addirittura cugina di Ettore; la totale assenza degli Dèi ecc...).

    Preso come film in sè per sè si può considerare senza infamie nè lodi, nonostante alcuni bloopers e anacronismi come l'aereo che si vede sullo sfondo in un primo piano a Brad Pitt; le monete sugli occhi mancanti durante la cremazione di Ettore; le navi greche ispirate a modelli romani di 1000 anni dopo e tantissime altre cose che si trovano su internet. Per un film in costume di difficilissima realizzazione, si difende bene dal lato dell'intrattenimento, offrendo tre ore di buon spettacolo; sul piano dei dettagli di scrittura (alcuni scambi di battute inverosimili per un film ambientato più di 3000 anni fa), costumi (le armature danno l'impressione di essere plastificate in alcune scene), perde parecchi colpi di fronte ad un occhio più attento.

    voto 7

    Edited by Paranoyd - 16/3/2021, 16:18
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    Ateismo nel Cristianesimo di Ernst Bloch.
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    Sinfonia d'autunno (1978), Ingmar Bergman.

    Brick - Dose mortale (2005), Rian Johnson.
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    Ombrellino.
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    Sto guardando alcune saghe storiche dell'horror americano e devo dire che non ho mai visto tanta monnezza in vita mia come in questo periodo.


    Halloween 5 - La vendetta di Michael Myers
    (1989), Dominique Othenin-Girard.

    Tremors 3 - Ritorno a Perfection (2003), Brent Maddock
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    Franco

    Franco Nero :lol:
2077 replies since 23/9/2014
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