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Posts written by Pylontwice

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    Questa opera risulta molto attenta al dettaglio, e se vogliamo anche a qualche passo dal simil-surreale: l'ignoto è sempre stato il peggior nemico dell'essere umano, ma soprattutto l'angoscia che viene al suo seguito, che si riflette sui protagonisti, rinchiusi in un posto non identificabile e oserei dire alieno, isolato dal resto del mondo suburbano al quale tutti sono abituati. Il finale è ottimo anche per delle questioni dovute alle divergenze interne del gruppo, che peggiorano sempre di più mano a mano che i cinque avanzano in questa struttura quasi ultraterrena, tramutandosi in un morboso e genuino tentativo di uscire, similmente alle emozioni che prova una cavia all'interno della sua gabbia, dentro il suo Cubo...
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    Risulta più che evidente lo zampino di Tarantino in codesta pellicola, che ricordo essere lo sceneggiatore del film, a cominciare dal suo turbolento quanto altalenante ruolo: lo schizzato, se così si può dire, e alquanto pericoloso criminale perverso Richard Gecko, con una passione proprio per... I piedi! Potrei anche citare la scena dove Gecko si "gusta" quello della spogliarellista, ma si è ormai capito che il lavoro è particolarmente influenzato da Tarantino, un genio senza tempo, dalla visione duplice: un occhio al passato, mentre l'altro è orientato sempre al tempo che fu, ma al fine di presentarsi ai giorni nostri.
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    Essendo il 5 Novembre, mi sembrava più che doveroso rimembrare codesta pellicola.
    Penso che il concetto chiave sia riscontrabile in una citazione di V, che ricordiamo essere un credo, un idea, ma, dato il fatto che durante il film non vengono mai rivelate le sue generalità, è inteso come individuo fisico, dove egli afferma che "le idee sono a prova di proiettile".
    Soffermiamoci inoltre sul senso di desolazione che si prova nel vedere dei monumenti storici venire distrutti come se fossero costituiti da cartapesta. Codesta sensazione la provai visionando "Independence Day", del 1996, dove, a pagare le conseguenze della venuta aliena all'interno del nostro pianeta è la Casa Bianca, che salta in aria nel giro di qualche millesimo di secondo.
    Inoltre, ponendo la questione in un piano interamente soggettivo, da questa pellicola in poi ho deciso di segnarmi il numero di qualsiasi film che andrò a visionare successivamente (in questo caso, la numerazione di codesto corrisponde a 42210).
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    Dopo averlo visionato, ho formulato (non lo avessi mai fatto) il pensiero di leggere la trama su Wikipedia: non era scritta male, ma, se bisogna volgere la storia ad una visione tipicamente soggettiva, sono un individuo che viene stroncato da estremo raccapriccio quando legge le trame sopracitate, che di per sé non sono inquietanti, ma lo diventano per via della maniera nella quale sono scritte.
    Credo di essere uno dei pochi ad avere questo tipo di emozione, che viene estremamente amplificata non appena immagino di essere David Mann, il protagonista della pellicola: se fossi in lui, mi sarei spaventato di brutto, anche perché quel camionista potrebbe con poca difficoltà visitarmi nel cuore della notte, mentre mi diletto a navigare nel mio mondo onirico.
    Questo effetto l'ho avuto anche durante la visione dei primi venti minuti di "Quando Chiama Uno Sconosciuto", del 1979, per via di un semplice fatto: potrebbe essere in qualsiasi stanza di casa.
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    La pellicola, nonostante nuoti nella finzione più pura, fa riflettere, e anche di molto, per via di semplici fattori facilmente comprensibili.
    Di sicuro non siamo le uniche forme di vita presenti in tutta la Via Lattea e oltre: è probabile, anche se non ancora certificata, la presenza di organismi monocellulari reagenti agli stimoli, anche se non, in qualche modo, alieni.
    Il finale spaventa di molto, anche perché, se mai succedesse uno scenario del genere nella realtà, l'umanità, così come noi siamo abituati a conoscerla, rischierebbe davvero l'estinzione: Calvin, il nome dell'alieno proveniente da Marte, è un essere notevolmente intelligente, e lo è così tanto da non possedere alcuna debolezza, o, almeno, codesta non è mai stata scoperta dagli sventurati protagonisti, perciò tutto viene reso estremamente raccapricciante dal clima di estrema desolazione e futuro crepuscolo umano che il finale cela inesorabile.
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    Come sequel, è più che riuscito: si nota di molto il decesso di Lee, che ancora sconvolge i restanti membri della famiglia Abbott nel loro obiettivo divenuto più che personale di cercare in tutti i modi di portare al decesso più Angeli Della Morte possibili, anche se, a volte, non sono sempre gli alieni il problema: difatti, questa volta vengono introdotti più personaggi rispetto al predecessore, che rappresentano l'ultimo baluardo di civiltà dei superstiti quanto la ferocia dei predoni, le quali azioni non possono fare niente in confronto alla minaccia ultraterrena.
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    Jim Carrey riesce a rendere più che sopportabile un individuo che non lo è per niente. Per esempio, la scena dove Ebenezer si risveglia dalla nottata appena passata e diventa improvvisamente buono non può non ricondurre a Carrey stesso: l'anziano uomo, ritrovata la felicità che lo attanagliava da tempo, saltella da tutte le parti, sorridendo davanti alla magia del Natale, che può sciogliere qualsiasi cuore, anche uno impietrito dall'eccessiva manipolazione dell'avarizia e dai momenti terribili del vissuto umano, che sono in grado di trasformare il comportamento come nient'altro riesce a fare.
    Inoltre, anche davanti alle scene con un tocco di serietà ed inquietudine, non si può non rivolgere un sorriso alla performance di Carrey, che può inoltre aiutare in tali momenti.
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    Questa opera rappresenta un "passettino avanti" rispetto al primo capitolo: questa volta si trattano temi molto forti, come l'improvviso senso di maternità di Ripley, che ricordiamo essere l'unica superstite della ex astronave da trasporto Nostromo, nonché il senso di dovere della squadra di marines, dato che soltanto adesso il nemico è conosciuto, portandoli ad agire di conseguenza.
    Ho trovato la Regina, ovvero l'antagonista principale, un esempio riuscito, capace di discostarsi completamente dagli Xenomorph incontrati in precedenza, risultando al contempo più che simile ad essi, essendo ella "l'addetta alla riproduzione".
    Per non dimenticare il caporale Hicks, il quale si tramuta in un deuteragonista verso la seconda metà del film, interpretato dal più che ottimo Michael Biehn, già noto per aver prestato le fattezze a Kyle Reese in "Terminator" giusto due anni prima.
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    Nonostante siano ben poche le scene nelle quali compare lo Xenomorph, codeste rimangono impresse nel subconscio dello spettatore: di sicuro, quando uscì a cinema, nessuno si aspettava la scena dove un neonato Xenomorph esce dall'addome di Kane, forse la più nota della pellicola, tanto da essere ripresa in altre opere successive, come il demenziale "Balle Spaziali" del 1987 di Mel Brooks, con inoltre lo stesso attore di Kane, ovvero John Hurt, oppure come attrazione al Pizza Planet in "Toy Story" del 1995.
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    Mi dimostro neutrale in questo commento: non si può supporre di essere pro, ma neanche contro un argomento del genere, ma, se proprio devo decidere, sono abbastanza sicuro che raccoglierò il pro, un male necessario: solitamente, alcuni detenuti si comportano magistralmente in carcere per ridurre la pena, in maniera tale da uscire da esso e ricominciare le loro attività criminose (si, lo so che alcuni si redimono davvero, ma era solo per rendere l'idea).
    Inoltre, se si attende troppo per praticare l'esecuzione, si rischia che il detenuto si uccida a modo proprio, come fece Heinrich Himmler, capo delle SS, il quale, rinchiuso nel carcere di Spandau, si uccise ingerendo del veleno poco prima di venir giustiziato nel 1945, morendo esattamente a 45 anni.
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    La perseveranza di Yautja, chiamato erroneamente "The Predator", il quale potrebbe rappresentare soltanto un soprannome più che un nome, nell'inseguire il plotone comandato dal maggiore Schaefer, interpretato da Arnold Schwarzenegger, ovvero una delle icone per quanto riguardano i film d'azione, risulta molto simile alla perseveranza omicida del Terminator, interpretato sempre da Schwarzenegger nell'omonimo film del 1984, nell'inseguire Sarah Connor, e del T-103, ovvero il Nemesis, nel noto videogioco "Resident Evil 3: Nemesis", affaccendato nel perseguire Jill Valentine.
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    Questa pellicola supera di gran lunga le mie preferenze per quanto riguardano gli anni di produzione di un film, ma ciononostante, ne è valsa davvero la pena: chi riesce a vivere in un mondo dove persino un respiro troppo rumoroso può farti uccidere?
    Ho trovato gli alieni ciechi ma dall'udito superlativo, ovvero "Death Angels", facilmente traducibile in "Angeli Della Morte" (i quali potrebbero essere stati il motivo per il quale ho visionato il film) molto simili ai vampiri alati del noto terzo capitolo della "Dark Pictures Anthology", cioè "House Of Ashes": nel lavoro videoludico, codesti erano alieni inizialmente pacifici che comunicavano tra di loro attraverso la musica, infettati da un parassita alieno a sua volta molto simile al Facehugger della saga di "Alien". Per non dimenticare l'estrema somiglianza dei Death Angels con gli stessi Xenomorph di "Alien" per via di due fattori: la sprovvista dei bulbi oculari, nonostante lo Xenomorph non sia per nulla cieco, e la struttura fisica.

    Edited by Pylontwice - 11/9/2022, 22:32
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    Il cast è più che stellato per via della presenza di vari noti attori (dal fantomatico Marlon Brando all'espressivo Martin Sheen, per non parlare inoltre di Harrison Ford e di un quattordicenne Laurence Fishburne, il quale mentì sulla propria età per "andare in guerra": fortunatamente, la produzione del film, che iniziò nel 1976, durò più di tre anni: ciò gli permise di raggiungere la stessa età del suo personaggio, di nome Tyrone Miller, nonché soprannominato "Mr. Clean", ovvero 17 anni, durante la presentazione del film nel 1979.
    Di sicuro, il monologo di Kurtz, interpretato da uno strepitoso Marlon Brando, rappresenta la sua follia, sottolineando anche la sua devianza e desolazione.
    Li sentite gli elicotteri in lontananza? La sentite "Fortunate Son" in sottofondo?
    "This Is The End, Beautiful Friend"... Perhaps.
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    Considerato come opera d'esordio per il cinema splatter, questa pellicola si caratterizza all'istante per la colorazione più che sgargiante dell'ambiente circostante (dettaglio che ammiro in un film, perciò costituisce uno dei punti di forza di esso, ponendola ovviamente sul soggettivo), ma anche per il suo antagonista: Fuad Ramses, un uomo a tratti comico quanto spietato, il quale, nonostante sia zoppo, riesca comunque a sezionare giovani donne per unire tutti i pezzi in intruglio facente parte di un tributo volto a resuscitare la dea Ishtar. Questo messaggio può benissimo essere rappresentato come il gemello di quello sul film "La Notte Dei Morti Viventi" di Romero, del 1968.
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    Questa opera segna la semplicità dei vecchi film horror di allora: veniva usato poco equipaggiamento per un ancora più minorato budget, ma, accontentandosi di questo, venivano sfornati film come questo, ovvero ricchi di significato ed estrema facilità nella rappresentazione della incombente minaccia.
    Ho adorato inoltre come la storia precipita completamente verso fine film, rendendo l'atmosfera facilmente tagliabile con un fendente. Probabilmente, proprio come era successo con "Blood Feast", del 1963, che aveva segnato l'esordio del cinema splatter, questa pellicola potrebbe aver sancito l'esordio dei film post o pre apocalittici riguardanti gli zombie, creature quasi mitologiche delle quali sappiamo ancora poco, nonostante li abbiano spremuti fino all'osso con film, serie tv e videogiochi.
43 replies since 8/9/2022
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