[Recensione] Filth - Jon S. Baird - 2013

A cura di Ellie02

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    Filth

    La struttura classica di numerose opere cinematografiche prevede la trattazione della parabola dell'eroe, in cui l'ascesa, la caduta e la rinascita di quest'ultimo si susseguono in un ordine prestabilito. Fatta questa premessa, il film di Jon S. Baird del 2013, tratto dal romanzo "Il lercio" di Irvine Welsh, "Filth", è sicuramente non convenzionale. Il nucleo di quest'opera è la decadente disfatta di un anti-eroe, il quale, invece di tentare di risollevare la propria condizione di vita, rimane sempre più invischiato nelle sabbie mobili del suo deviato ego. Il protagonista è Bruce Robertson, un detective alle prese con le indagini su un omicidio e con una corsa senza scrupoli per ottenere la promozione da ispettore. Ha una moglie ed una figlia, con le quali sembra avere un rapporto discontinuo, è volgare, aggressivo ed arrivista. Fin qui il protagonista potrebbe sembrare "soltanto" una brutta persona, poco in contatto con la sua dimensione emotiva. L'animo di Bruce, però, è assolutamente "lercio". Estorce informazioni in modo poco consono, si approfitta delle donne con ogni mezzo possibile, abusa del suo potere come poliziotto, alcol, droghe e psicofarmaci sono i suoi più cari amici, tradisce i propri colleghi sia su un piano lavorativo, sia su quello personale, è doppiogiochista ed ipocrita. Il nostro protagonista sa giocare ruoli differenti, è furbo, astuto ed un mago nell'arte di simulare e dissimulare; è colui che deve mantenere il rispetto della legge, ma è il primo ad infrangerla nei modi più subdoli; fa parte di una loggia massonica insieme alle personalità più influenti della città, ma allo stesso tempo è il responsabile del sindacato della sua centrale; Bruce è il classico lupo, travestito da pecora. In una spirale di sesso, violenza e droga, in cui anche le paranoie e le allucinazioni diventano una costante nella vita del detective, quest'ultimo condurrà un viaggio all'interno della propria mente, fino ad incontrare fantasmi del passato e a dipanare ragnatele che offuscano la presente lucidità. Un finale imprevedibile e sconvolgente sembra essere la "degna" conclusione per una parabola sull'amoralità.

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    "Filth" è un film capace di stupire lo spettatore e di mettere alla prova i suoi più saldi valori e principi. E' difficile, con lo scorrere delle immagini sullo schermo, non sviluppare una forma di empatia per quel "lurido" protagonista, in grado di compiere le peggiori brutture. Nonostante ciò, trapelano a sprazzi, come bagliori lontani in una giornata di nebbia, i suoi timori, turbamenti e dolori, perché sono proprio questi a manovrare i fili della personalità di Bruce. Probabilmente non è sempre stato un uomo spregevole, la vita e le scelte sbagliate l'hanno profondamente cambiato, fino a trasformarlo nella caricatura grottesca di se stesso. Bruce, nelle sue allucinazioni, si riflette negli specchi vedendosi come un maiale, perché è ciò in cui si è trasformato, una bestia ingorda e circondata dalla sporcizia. La via della redenzione pare impossibile. Ma si può veramente dire "sempre" o "mai" in senso assoluto?

    In questo film il regista, oltre a raccontare la vita di un miserabile individuo, regala anche uno scorcio sui cliché della Scozia: stereotipi fisici e caratteriali si amalgamano ai panorami dei sobborghi delle tipiche cittadine britanniche. Ottime anche le atmosfere, nuvolose e dalle tonalità fredde, che rappresentano sia il clima scozzese, sia metaforicamente l'animo del protagonista. Anche le musiche concorrono a trasportare lo spettatore nella periferia britannica, accompagnando le immagini con una colonna sonora studiata ad hoc. Nota di merito anche al cast, in particolar modo il protagonista James McAvoy che abbandona i panni da bravo ragazzo e si trasforma nella nemesi di gran parte dei personaggi interpretati nella sua carriera. E' evidente il lavoro fatto per calarsi in modo maniacale nelle panni di Bruce; l'attore infatti si è regolarmente presentato sul set dopo notti passate a bere e fare bisboccia, per non dover simulare la condizione fisica e mentale precaria del detective.

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    Si lasciano particolarmente apprezzare le numerose citazioni cinematografiche presenti in quest'opera; il pestaggio ed omicidio iniziale riprende specularmente l'assalto immotivato dei drughi al barbone in "Arancia Meccanica", la camminata dei detective per le vie della città scozzese ricalca la scena iniziale de "Le iene" di Tarantino, la struttura del doppio e della sovrapposizione delle parti che riprende la struttura portante del film cult "Fight Club". Molti sono anche i rimandi stilistici, tra cui la particolare amalgama tra immagini e musiche, che caratterizzano gran parte della produzione indipendente della cinematografia britannica.

    Personalmente, mi sento di consigliare la visione di questo film a tutti : agli amanti dei thriller, a quelli che prediligono le storie violente, agli estimatori dei film che esplorano le menti deviate e la psiche instabile. Tutti possono restare ammaliati e sconvolti dalla personalità di Bruce Robertson e catturati dalle immagini che Baird ci mostra. Purtroppo, siccome noi italiani siamo i soliti moralisti e benpensanti, quest'opera non è stata distribuita nel nostro Paese. Peccato perdere un film come questo, anche se vederlo in lingua originale con il forte accento scozzese di McAvoy da sicuramente una marcia in più al film. Consigliato.

    Edited by Sidney - 16/4/2016, 13:53
     
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