Recensione: Ponyo sulla scogliera

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    Ponyo sulla scogliera



    E’ possibile, per un adulto, guardare il mondo con gli occhi innocenti di un bambino? E’ possibile lasciarsi incantare e meravigliare dalle piccole cose che la quotidianità ci regala? E’ possibile affrontare le sfide e le difficoltà della vita con un pizzico di magia. Probabilmente molti di noi non riuscirebbero a rispondere positivamente a queste domande. Esistono, però, una casa di produzione cinematografica, lo Studio Ghibli, ed un regista, Hayao Miyazaki, che sono in grado di riaccendere l’interruttore della fantasia e dell’immaginazione, a volte spento nelle nostre esistenze.

    Miyazaki è un regista capace di coniugare spensieratezza e spettacolarità visiva, spazi onirici e narrazioni complesse e mai banali e il suo gioiello creativo del 2008, “Ponyo sulla scogliera”, racchiude al suo interno tutte queste sfaccettature.
    Una pesciolina rossa nasconde, dentro il suo piccolo corpicino, parte dello sconfinato potere magico del mare ed il suo fortuito incontro con un bambino sensibile e coraggioso darà inizio alla sua metamorfosi in una curiosa ed esuberante bambina dai capelli rossi: Ponyo.
    Molte peripezie porteranno la protagonista ed il suo compagno di avventure alla scoperta di una città sommersa dall’acqua e sconvolta dalle calamità naturali, provocate dalla magia di Ponyo stessa, e delle abitudini e dei gesti quotidiani che caratterizzano la specie umana.

    Ponyo



    Ponyo è la rappresentazione della spensieratezza e della dolcezza dei bambini quando muovono i primi passi nel mondo che li circonda. Ponyo non sa come si beve un tè o come si prepara una minestra, ma attraverso la sua vivacità e l’arte emulativa, tipica dell’infanzia, riesce ad acquisire, per prove ed errori, quei semplici rituali che la quotidianità incessantemente ripropone. Anche il potere della bambina-pesce simboleggia perfettamente la magia che i più piccoli mettono in tutto ciò che dicono o fanno, trasformando semplici oggetti in strumenti per sconfiggere mostri o per trasportarsi in luoghi incantati.

    Miyazaki è capace di catapultare lo spettatore in mondi vicini al reale, ma allo stesso tempo immaginifici. Le sue narrazioni rimangono impresse nella memoria per la visionarietà di alcune immagini. Ne è un esempio la scena iniziale di “Ponyo sulla scogliera”, dove una danza degli abitanti del mondo sottomarino regala un frangente di poesia agli occhi disincantati di un adulto.
    Questo film e “Il mio vicino Totoro” sono due opere del regista che sicuramente possono affascinare i più piccoli, in quanto la tenerezza dei personaggi può avvolgere anche le menti dei più giovani spettatori. Diverse sono, a mio parere, le opere “Il castello errante di Howl”, “Porco rosso” o “La città incantata”, in quanto rappresentano situazioni narrative più complesse e sono più articolate da un punto di vista simbolico e possono risultare, quindi, più facilmente fruibili da un pubblico adulto.

    ponyosullascogliera22



    Caratteristica che accomuna, però, molte delle opere di Miyazaki è quella di portare la dimensione magica nel reale. Se di fronte ad un opera disneyana, in cui i protagonisti siano umani o animali, un adulto ha la costante percezione di trovarsi di fronte ad un mondo fantastico e di finzione, nelle opere del regista asiatico sono molti i dettagli della routine che fungono da elementi stranianti. Sono visibili elementi della tradizione, come, ad esempio, la preparazione dei pasti in “Ponyo sulla scogliera”, o la strutturazione particolare delle camere da letto e delle vasche da bagno in “Il mio vicino Totoro”, che rendono più realistiche le vicende. In questo panorama, l’inserimento di maledizioni, di transizioni da uomo ad animale o viceversa, di demoni e stregoni risultano, quindi, motivo di stupore e di meraviglia. E questo è un grande merito del regista, in particolare, e dello Studio Ghibli, in generale.

    “Ponyo sulla scogliera” è un’opera di valore, che merita di essere guardata per lasciarsi sconvolgere dalla particolarità della storia, dall’imprevedibilità degli avvenimenti, dalle stravaganze dei personaggi e dalla poesia delle ambientazioni. Come mio consiglio personale vi dico: lasciatevi stupire e travolgere dall’insolito e dal misterioso e abbandonate (anche solo ogni tanto) la più lineare e consueta narrazione disneyana.
     
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