Faust

Aleksandr Sokurov - 2010

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    Faust


    locandina


    Un film di Aleksandr Sokurov. Con Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich, Hanna Schygulla. continua»
    Titolo originale Faust. Drammatico, durata 134 min. - Russia 2010


    CITAZIONE
    Quarta e ultima parte della tetralogia di Aleksandr Sokurov sulla natura del potere, Faust è l'unico personaggio letterario della partita, dopo Hitler (Moloch), Lenin (Taurus) e Hiroito (Il sole), ma è anche quello contenuto in nuce in tutti gli altri, per il carattere mitico e simbolico che porta in sé.
    Il regista russo rilegge liberamente tanto l'opera di Goethe che quella di Mann, scegliendo l'ambientazione ottocentesca e mantenendo la lingua tedesca e l'idea tragica di fondo, per cui la condizione umana consisterebbe in un continuo errare. Sokurov inscena, dunque, questa (diabolica) perseveranza nell'errore costringendo i suoi personaggi a un procedere senza sosta, a una letterale erranza tra boschi, case, lande, ghiacciai. Il protagonista del film non si ferma un istante, tanta è la sua sete di sapere e tanta è la lontananza dalla meta. A questo movimento senza soluzione di continuità si aggiunge una forza opposta ma altrettanto intensa e inestinguibile che (co)stringe gli esseri umani presenti nell'inquadratura, obbligandoli a farsi largo l'uno sugli altri, a scavalcarsi ad ogni occasione. La gestualità è teatrale, esasperata, ma la sensazione di brulicante claustrofobia ci riporta anche alla pittura di Bosch, non a caso un artista che ha utilizzato il realismo per raccontare il male immateriale e i cui dipinti pullulano di creature dannate e sofferenti.
    Visivamente grandioso, il Faust di Sokurov è attraversato da un'atmosfera mortifera dalla primissima all'ultima inquadratura. Il suo dottore è una creatura infelice, non affamato di sola conoscenza ma soprattutto di cibo, di sonno, di denaro e di contatto amoroso: bisogni fisiologici e materiali che collocano inequivocabilmente l'inferno su questa terra (non c'è traccia del prologo celeste e il conto degli individui in fila per firmare il patto è in continua espansione e riproduzione). Il paradosso tragico della vita espresso nell'opera è che l'uomo può giungere al divino solo con l'intervento del demonio: per questo quando Wagner chiede al dottor Faust dove si trovi l'anima, il medico -pur avendo indagato le viscere e ogni organo umano- deve ammettere che non l'ha trovata. Il suo potere è umano e dunque limitato.
    Con un impiego di mezzi ingente ma anche assolutamente necessario e meritato, Sokurov allestisce uno spettacolo che appaga l'occhio, un'opera d'arte potente e affascinante che ribadisce nel mentre la validità atemporale del racconto. Uno spettacolo di quelli che non siamo più abituati a sostenere senza sforzo ma che ripaga davvero l'impegno che domanda.
    Di Marianna Cappi

    fonte MyMovies

    Trailer


    Video



    Edited by Viky017 - 21/9/2015, 18:02
     
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    Attore non protagonista

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    Questo è un film che va visto più volte, magari dopo aver letto l'omonima opera di Goethe o almeno la prima parte di essa, su cui si basa questo libero riadattamento di Sokurov. Il fatto che sia stata evitata la seconda parte nella quale avviene la redenzione di Faust fa già presagire il pessimismo del regista, che ci presenta la realtà come un inferno disgustoso e senza via di fuga. Ma andiamo con ordine.
    Fin dai primi istanti capiamo a cosa stiamo andando incontro: il film si apre con una delicata inquadratura del cielo e delle nuvole per poi abbracciare un pittoresco borgo medievale arroccato tra le montagne. Lo zoom successivo comincia ad incrinare il quadro bucolico che c'eravamo fatti: il villaggio è misero, le strade sporche, gli abitanti rozzi e disgustosi e poi di colpo ci troviamo di fronte il pene di un cadavere dissezionato. Questo è Faust: un film con una fotografia superba, curatissima, capace di regalare grandi emozioni, inquadrature così perfette che sembrano dei quadri di Bosch o Bruegel, ma sotto questa patina elegante si nasconde il marciume, il ritratto di un'umanità miserevole, corrotta e allo sbando. Sokurov gioca continuamente su questi contrasti tra sublime e disgustoso in un film che trasuda morte e putrescenza da ogni poro, con una fotografia tendente ad un verde putrido, fangoso, marcescente, delle inquadrature storte, piani obliqui, movimenti di macchina confusi, deformazioni ottiche, sfocature. I protagonisti sembrano accalcarsi nel quadro, sovrapponendosi innaturalmente l'uno sull'altro, immersi in una ressa confusa. Aggiungiamoci il fatto che Sokurov ha optato per il rapporto 4:3, quasi a voler rendere lo schermo una prigione claustrofobica per accentuare il disagio provocato dalle immagini. Inoltre ci sono diversi momenti degni di un horror, come il raccapricciante homunculus che ricorda il neonato di Eraserhead oppure l'aspetto inquietante del diavolo nudo.
    È un film che provoca repulsione, ma che mira a farlo in modo poetico e filosofico, con lunghe dissertazioni sull'anima, su Dio, sulla tentazione. Dal punto di vista stilistico sembra quasi un mix tra Cronenberg e Bergman, o Tarkovskij (il tormento del protagonista riguardo al significato della frase "In principio era il Verbo" rimanda in parte a Sacrificio di Tarkovskij).
    Da un punto di vista concettuale, invece, il regista sembra spesso prendere le distanze da Goethe: mentre quest'ultimo sosteneva il primato della purezza etica, Sokurov vuole mostrarci l'inesistenza di tale purezza e l'assoluta impossibilità a raggiungerla. E in generale, più che a Goethe sembra quasi rifarsi ai turbamenti tipici del connazionale Dostoevskij.

    Ad ogni modo siete avvertiti: è un film che richiede più visioni e che è davvero pesante da digerire.
     
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1 replies since 21/9/2015, 16:14   43 views
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