L'arpa birmana

Kon Ichikawa - 1956

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   Like  
     
    .
    Avatar

    Attore non protagonista

    Group
    Member
    Posts
    4,074
    NSC Top Player
    +656
    Location
    Padova

    Status
    Offline

    L'arpa birmana



    Segnalazione della giuria alla mostra di Venezia del 1956.
    GENERE: Drammatico, Guerra
    ANNO: 1956
    REGIA: Kon Ichikawa
    SCENEGGIATURA: Natto Wada
    ATTORI: Rentarô Mikuni, Shoji Yasui, Jun Hamamura, Taketoshi Naitô, Akira Nishimura, Tatsuya Mihashi, Yûnosuke Itô, Tanie Kitabayashi
    FOTOGRAFIA: Minoru Yokoyama
    MONTAGGIO: Masanori Tsuji
    MUSICHE: Akira Ifukube
    PRODUZIONE: NIKKATSU CORPORATION
    DISTRIBUZIONE: GLOBE - VIVIVIDEO, SAN PAOLO AUDIOVISIVI
    PAESE: Giappone
    DURATA: 116 Min

    CITAZIONE
    Nel luglio 1945 la guerra volge al termine: nel tentativo di sfuggire alla morte o alla prigionia, le unità giapponesi valicano i monti o si aprono la via nelle foreste di Burma per raggiungere la Tailandia. I soldati del capitano Inoue marciano cantando, accompagnati dall'arpa birmana del soldato scelto Mizushima. Questi, che conosce la lingua locale, viene mandato avanti e dà il segnale di via libera suonando l'arpa. Vicino al confine i giapponesi sono ospitati in un villaggio, ma poco dopo il villaggio è circondato dagli inglesi. Mentre il capitano Inoue è incerto se resistere o arrendersi, si sente l'arpa di Mizushima che suona "Home, sweet home!", (Casa, dolce casa!) e anche gli inglesi si uniscono al coro. La guerra è finita e i giapponesi vengono rinchiusi nel campo di concentramento di Mudon. Mizushima viene mandato in missione presso una guarnigione giapponese che rifiuta di arrendersi: quando essa viene distrutta, solo Mizushima sopravvive, gravemente ferito, e viene curato da un bonzo. Guarito, egli ruba le vesti al bonzo, si rade la testa e si mette in viaggio per raggiungere Mudon e i suoi compagni. Durante il viaggio vede qua e là i resti insepolti dei soldati nipponici caduti in battaglia; questo triste spettacolo gli fa una profonda impressione e, giunto presso Mudon, rinuncia ad unirsi ai suoi compagni e decide di dedicarsi alla sepoltura dei soldati del suo paese, caduti in terra straniera. Egli parte portando con sè un pappagallo avuto da una vecchia fruttivendola che frequenta il campo di Mudon. Nel passare un ponte incontra i suoi compagni che vi lavorano e tentano inutilmente di indurlo a rimanere. Quando arriva l'ordine di rimpatrio, il cap. Inoue dà alla fruttivendola un altro pappagallo, che dovrà dire a Mizushima di ritornare. Ma alla fine la fruttivendola porterà al capitano il pappagallo di Mizushima che andrà ripetendo: "No, non posso tornare" con una lettera esplicativa dell'ex soldato scelto.

    fonte ComingSoon

    Trailer
    Video

     
    .
  2.     +1   Like  
     
    .
    Avatar

    Attore non protagonista

    Group
    Member
    Posts
    4,074
    NSC Top Player
    +656
    Location
    Padova

    Status
    Offline
    La seconda guerra mondiale volge al termine, il Giappone si è arreso, ma nella giungla birmana giapponesi e inglesi combattono ancora. Il reparto in cui combatte Mizushima, il protagonista, capisce che è meglio arrendersi, ma non tutti sono della stessa idea. Mizushima stesso, dunque, riceve l'incarico di convincere alla resa un altro gruppo di suoi compatrioti, arroccati su una collina, ma quest'ultimi sono fermamente intenzionati a morire piuttosto che ad arrendersi. E infatti verranno tutti massacrati senza pietà e anche il povero Mizushima rischierà di fare una brutta fine, ma verrà tratto in salvo da un bonzo. Dopo essersi ripreso si reca di nuovo sulla collina e poi alla ricerca dei suoi compagni di reparto - prigionieri in un campo inglese - ma lungo la strada si imbatte nei cadaveri martoriati e beccati dai corvi dei suoi commilitoni, ne rimane tremendamente scosso e prende una decisione eroica, stoica, al di là delle possibilità di un singolo uomo: dare una degna sepoltura a tutti quei cadaveri "per cui non basta la terra". E allora Mizushima si fa bonzo, rinuncia al ricongiungimento coi suoi compagni ed al ritorno in Patria e si dedica ad una lunga e pietosa opera di inumazione delle salme insepolte dei caduti in terra birmana.

    È un film struggente, straziante, di dolorosa e maestosa bellezza, in cui le visioni degli orrori della guerra sono confinate in una sorta di contemplazione assorta e ieratica, proprio come si addice allo sguardo di un monaco; un poema lirico, uno dei più grandi manifesti antimilitaristi che abbia mai visto, in cui ogni scena trabocca di profonda sincerità ed il rischio di cadere nella patetica retorica pacifista è tenuto a grandissima distanza.
    In questo film il pacifismo, infatti, affonda le sue radici nella coscienza religiosa e spirituale dell'uomo; la pietà di cui ho parlato e che caratterizza il protagonista è più propriamente definibile come la pietas latina, il dovuto rispetto verso gli dèi. Un sentimento totalizzante e forse folle, perché è lecito domandarsi se sia davvero meglio curarsi dei morti in Birmania piuttosto che dei sopravvissuti in patria, ma questa è la scelta di Mizushima, la sua missione.

    La musica riveste un ruolo importantissimo nel film, un ruolo chiave, il valore di significante: è tramite la musica che i soldati comunicano tra di loro, stabilendo una forma di contatto intima e capace di lenire, con la sua grazia, i drammi del conflitto a cui devono assistere. Sono numerose le scene in cui si riuniscono ad intonare dei canti, anche durante la prigionia o poco prima degli ultimi combattimenti, e il suono dell'arpa di Mizushima rappresenta per loro, nell'ordine, un segnale in codice per avanzare nella giunga, un richiamo ed infine un ricordo.

    Il finale è grandioso, struggente, da genuine lacrime ed alterna un lirismo aulico prima ad un realismo crudele poi, evidenzia il contrasto tra il piacevolissimo ritorno dei reduci alla vita normale e la missione di chi resta solo e piangente in terra straniera a seppellire i morti: il comandante legge la lettera che Mizushima gli ha fatto avere e in cui esprime la sua volontà ed i suoi pensieri sulla guerra e, dopo qualche lacrima, i compagni cominciano già a pensare a cosa faranno quando torneranno in patria, tra partite di biliardo, donne e bar, a testimoniare la difficoltà nel conservare una solida memoria storica degli orrori vissuti.

    Il compagno Mizushima è già dimenticato.

    Perché tanta distruzione è caduta sul mondo? E la luce mi illuminò: nessun pensiero umano può dare risposta a un interrogativo tanto inumano.

    Se anche non voleste guardarvi il film, guardate almeno il finale ché comunque non costituisce un grosso spoiler, così che poi in caso potrete comunque guardarvi tutto il film