Fellini Satyricon

Federico Fellini - 1969

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    Fellini Satyricon


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    Un film di Federico Fellini. Con Martin Potter, Capucine, Fanfulla, Hiram Keller, Salvo Randone, Max Born, Mario Romagnoli, Magali Noël, Alain Cuny, Alvaro Vitali, Lucia Bosè, Franco Pesce, Marisa Traversi, Elisa Mainardi, Gordon Mitchell, Sandro Dori, Tanya Lopert, Ernesto Colli, Lorenzo Piani, Lina Alberti, Beryl Cunningham, Carlo Giordana, Donyale Luna, Antonia Pietrosi, Irina Wanka, Marina Boratto.

    Fantastico, Ratings: Kids+16, durata 128 min. - Italia 1969.



    CITAZIONE
    Il testo ispiratore è il famoso affresco che Petronio dà della Roma imperiale. Due giovani, Encolpio e Ascilto, innamorati dello stesso efebo, Gitone, incontrano diverse persone, l'attore Vernacchio, il vecchio poeta Eumolpo, l'arricchito Trimalcione, Lica, tiranno di Taranto. Ascilto muore; anche Eumolpo muore e vecchi bramosi divorano il cadavere del poeta, che ha lasciato le sue ricchezze a chi si ciberà delle sue carni. Encolpio, rimasto solo, se ne va con nuovi amici.

    fonte MYmovies

    Trailer


    Video



    Edited by lola92 - 23/5/2018, 16:58
     
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  2. i'm sorry dave
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    Petronio scrisse il Satyricon per criticare la sua epoca, una Roma in decadimento in mano agli schiavi liberati. Dell'opera, unico romanzo di epoca romana pervenutoci, rimangono solo dei frammenti sconnessi, di non facile interpretazione, in cui è difficile riconoscere una trama. Fellini riprende proprio queste caratteristiche per creare il suo film, che anche lui usa per contestare l'epoca in cui vive, facendo della Roma imperiale una metafora della decadenza sociale.
    Con questa pellicola si crea un paradossdo: se si conosce Fellini, il film, singolarmente un'opera d'arte, non risalta come una delle sue migliori realizzazioni; eppure, se non si è familiari con il regista riminiano, non si può comprendere e gradire appieno la complessità delle sue scene.
    Fin dalle prime immagini ci accorgiamo di non assistere a una rappresentazione fedele del romanzo: quella in cui veniamo immersi è un'esperienza onirica, priva di rigore logico (è difficile infatti parlare di una trama) ma dall'altissimo valore estetico. Il connubio delle scenograifie ideate dallo stesso Fellini e della fotografia di Giuseppe Rotunno crea effetti meravigliosamente surreali, che diventano simboli del messaggio del regista. L'atmosfera del sogno giustifica in parte la frammentarietà della storia, ma i salti netti da una scena all'altra hanno un significato più profondo. Sembra di muoversi in una galleria (forse la stessa pinacoteca in cui il poeta Eumolpo biasima l'amore per il denaro a discapito di quello per l'arte), e di posare prima gli occhi su un banchetto sfrenato, poi sulla meravigliosa rappresentazione del suicidio di una coppia di patrizi e infine su uno scontro epico tra un giovne e il mionotauro.
    Questa mancanza di continuità insieme al voluto distacco emotivo creato nei confronti dei personaggi e al simbolismo a volte troppo articolato rischiano di annoiare almeno una parte degli spettatori, rendendo il Satyricon un film per pochi, che ancora meno, quelli che si identificano totalmente nello spirito del regista, apprezzeranno appieno. Quello che ci si presenta è infatti un Fellini al quadrato, un eccesso dei suoi eccessi, una rappresentazione del suo inconscio: sono infatti sfrenatezza, figure antiestetiche e un erotismo lontatno dal canone comune gli elementi portanti del film.
    In breve, se si vuole conoscere Federico Fellini, bisogna vedere il suo Satyricon.
     
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    Encolpio ed Ascilto sono due cciovani entrambi innamorati dello stesso efebo, Gitone. No, non è uno scioglilingua ma l'intreccio amoroso su cui si basa parte di una trama confusionaria, quella del Satirycon di Fellini, ispirata parzialmente a quella di Arbitro Petronio e reinterpretata e reinventata dal "comune visionario di provincia". Siamo in una Roma profana dell'arte, quella pre-cristiana di cui son rimasti i banchetti accorati che puntualmente ci vengono mostrati.
    Tra i due contendenti Gitone preferisce Ascilto, così lo sfortunato Encolpio in preda alla disperazione si avvia in un viaggio empirico, tracciando un percorso ora ostico di varie peripezie, ora ravvivato dai incontri più o meno dolci fino a ritrovare nello stesso Ascilto un'amicizia dapprima ritenuta perduta.

    Personalmente vedo a quest'opera di Fellini come una summa delle sue opere precedenti, la potenza immaginifica è notevole, barocca e colorata come quella di Giulietta degli Spiriti, l'avanzare della trama risalta di una certa scompostezza a discapito di una scenografia curata al dettaglio e disegnata dal regista stesso. I personaggi sono giovani dai lineamenti aggraziati e androgini, li potremmo definire dei Vitelloni della Roma arcaica mentre le situazioni sempre al limite del pittoresco, piene di baldanza e di quel senso della teatralità che ricalca i soliti noti stilemi felliniani, ormai ben consolidati, altri ancora invece sono affetti da vistose deformità, alla Jodorowsky.
    Il tentativo è quello di far rivivere, parallelamente alle rivolte sessantottine, la storia del decadimento artistico, in cui l'amore e la passione per l'arte sono depredate o semplicemente ignorate.
    Al poeta Eumolpo, figura di spicco di questo film, è affidato quello che secondo me è lo stralcio più bello del film, quello che vale il film stesso nella sua grandiosità. Eumolpo in un monologo in un antica galleria d'arte, traboccante di affreschi e sculture dal valore inestimabile da voce al proprio malcontento dinanzi allo svanire inarrestabile dei valori all'arte legati, spiegando di come quest'ultima e la povertà vadano spesso e volentieri a braccetto, il tutto si potrebbe tradurre con una frase del tipo l'arte è il tesoro dei poveri colti, mentre gli aristocratici profani se ne stanno boni a magnà. Simbolismo a go-go in proposito con l'atto di cannibalismo ai danni del medesimo poeta che racchiude sfrontatamente l'intero senso di inadeguatezza di costoro con il resto della plebaglia.
    Ancora una volta Fellini si diverte a provocare e sovverchiare il perbenismo con una propensione all'immagine impeccabile mettendo in scena l'eros in un modo mai visto prima, con una raffinatezza andata perduta insieme al suo cinema. Dopo aver visto l'instaurarsi di certi ménage à trois c'e da restare sbigottiti per quanto sono banali e grezzi i porno del nuovo millennio, concedetemi la battuta.
    Anche qui, come in ogni film del genio di Rimini, non mancano scene memorabili se non addirittura storiche, il monologo a cui ho alluso sopra non è che un esempio: la scena del terremoto nella prima mezz'ora è davvero strepitosa e ben realizzata se si considera che il film è del '69, così come il combattimento col minotauro a cui fa da sfondo un labirinto scenografico spettacolare.
    Sicuramente il risultato finale, in cui l'avventura empirica sfocia surrealmente in quella onirica, non aggrada pienamente, così come la confezionatura da kolossal che si tramuta in un pacchetto puramente sperimentale, ma Fellini se ne sbatteva della critica quindi siamo tutti contenti.
    Un film più grande che bello, un po' come lo Spartacus di Kubrick, più d'impatto estetico che emotivo, per citare I'm Sorry Dave, felliniano al quadrato ;)

    Voto 8

    Edited by Paranoyd - 14/6/2015, 11:12
     
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    CITAZIONE (BlackPanther @ 23/5/2018, 16:44) 
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    L'ha massacrato.
    Io ho visto la trasposizione cinematografica a opera di tale Gian Luigi Polidoro (peraltro uscita nello stesso anno di questa) e non era malaccio, c'era anche Ugo Tognazzi nei panni di Trimalcione.
     
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4 replies since 6/2/2015, 14:44   179 views
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