M - Il mostro di Düsseldorf

Fritz Lang - 1931

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  1. i'm sorry dave
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    M - Il mostro di Düsseldorf


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    Un film di Fritz Lang. Con Peter Lorre, Gustaf Gründgens, Rudolf Blummer, Ellen Widman, Inge Landgut, Otto Wernicke, Theodor Loos, Friedrich Gnaß, Fritz Odemar, Paul Kemp, Theo Lingen, Georg John, Franz Stein, Ernst Stahl-Nachbaur, Gerhard Bienert.

    Titolo originale M. Drammatico, b/n durata 117 min. - Germania 1931.


    CITAZIONE
    Nel 1931 Fritz Lang gira M - Il mostro di Dusseldorf, in cui un ignoto assassino (con il volto indimenticabile di Peter Lorre) violenta e uccide numerose bambine senza lasciare alcuna traccia. Nella città viene allora organizzata una fitta rete di ricerche a cui partecipano anche i mendicanti e i criminali. Così si scopre il primo indizio: l'assassino quando avvicina le vittime fischietta un macabro motivo, tratto dal Peer Gynt di Grieg. Presto il mostro viene individuato da un venditore di palloncini che riesce con un gesso a segnargli sulle spalle una grande M (che sta per Morder, assassino). L'uomo è braccato e si barrica in una fabbrica ma viene catturato dalla malavita che vorrebbe giustiziarlo: solo all'ultimo momento viene salvato dalla polizia che lo consegna alla giustizia ufficiale.

    fonte MYmovies

    Trailer


    Video



    Edited by Viky017 - 6/2/2015, 15:33
     
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  2. i'm sorry dave
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    M è un film perfetto sotto ogni punto di vista: dalla regia impeccabile di Lang ad una perfetta analisi sociale all'innovativo uso di un sonoro che aveva da poco cominciato a diffondersi. E' il primo film a parlare di un serial killer, ma delinea già tutti quei parametri che diventeranno degli standard per il genere, e che ancora oggi non sono cambiati: il regista segue tanto le indagini della polizia quanto l'impatto degli eventi sulle masse, e tra l'una e l'altra ci regala un tetro ritratto del killer, che comincia con la sagoma della sua ombra sulla parola Morder, tecnica profondamente espressionista. Al contrario di altri suoi contemporanei, Lang non si lascia trasportare dalla novità del sonoro, che in molte pellicole dell'epoca divenne l'elemento portante del film (non posso non notare un comportamento simile oggi col 3D), ma lo usa con estrema lucidità, fondendolo con gli altri elementi della sua cinematografia e infondendogli il suo inimitabile stile, come è evidente nella melodia fischiata dall'assassino nei momenti chiave.
    La regia mantiene ancora i segni del periodo del cinema muto, ma nelle mani esperte di Lang non manca di elementi sorprendenti, come il parallelismo tra la riunione della malavita e quella della polizia, che si intrecciano in un botta e risposta di parti che non conoscono l'una le mosse dell'altra.
    Un capolavoro.
    Voto 10
     
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  3. Jeb9607
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    Capolavoro? Ben detto Dave ;)
     
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    Dio li fa, Chuck Norris li distrugge, Mc Gaiver li aggiusta

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    Bellissimo, e rivoluzionario. Non è invecchiato per nulla
     
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    A Berlino si aggira un serial-killer (Peter Lorre) dall’identità sconosciuta. Un delitto dopo l’altro, otto bambine in tutto, la popolazione in preda al terrore comincia sempre più a perdere la fiducia nelle forze dell’ordine, incapaci di contrastare la furia omicida del mostro esercitando, al fine di adescarlo, severe misure di sicurezza vane e inconcludenti temporeggiamenti. Non resta che affidarsi pertanto, all’organizzazione unita (malavitosa) locale pur di stanare il colpevole.

    Ispiratosi da un fatto di cronaca nera avvenuto nella Düsseldorf degli anni ’20, Fritz Lang consacra al cinema il primo vero noir della storia, antesignano di un genere che avrebbe trovato tra i suoi numerosi artigiani, nomi importanti come quello di Alfred Hitchcock. Quella che le immagini ci mostrano è una piccola rivoluzione cittadina, ma quella compiuta da Lang avrebbe cambiato per sempre il modo di concepire il modo di fare cinema, con una tecnica impareggiabile di rielaborare l’espressionismo tedesco che dopo il ’30 stava conoscendo la sua fine, con le avanguardie del sonoro, di cui l’austriaco ha il grande vanto di essere uno dei primi abili operatori del vecchio continente. Un utilizzo completo e sapiente del mezzo ha fatto sì che in questo film le immagini e il reparto acustico giocassero ruoli diversi ma con un’armonia assolutamente fuori dall’ordinario, mai vista prima. In alcune delle scene chiave infatti, come quella meravigliosa d’apertura, lo schermo rimane nero per qualche secondo affinchè la nostra attenzione vada a canalizzarsi su ciò che sentiamo: una bambina effettuare una conta con un canto macabro, un vero presagio di morte. Altra scena chiave è quella in cui quella stessa bambina, si ritroverà sola davanti ad un annuncio che ravvisava la popolazione di restare vigile per la presenza del maniaco, in quel momento l’ombra di costui ricopre la scritta Mörder che si poteva leggere sul cartello. Stavolta sono state le immagini ad anticiparci gli eventi. La tecnica dei thriller di non mostrare subito il volto dell’antagonista dopo M divenne sempre più ridondante ma sono rarissimi i casi che riuscirono a replicarne l’eleganza, uno dei primi che mi viene in mente è l’ Halloween di Carpenter in cui anche la musica giocava un ruolo essenziale nell’anticiparci l’apparizione del cattivo. Un Fritz Lang in stato di grazia artistica ebbe la geniale idea inserire un motivetto diegetico fischiettato dal personaggio stesso, appartenente al monumentale Peer Gynt di Edvard Grieg, un ritornello innocente che gli si rivelerà fatale e quindi perfettamente legato allo svolgimento della narrazione. Se l’utilizzo del sonoro comportava un movimento più limitato della macchina da presa i cui virtuosismi si mantengono comunque su livelli elevati in almeno un paio di occasioni nette, il lavoro di montaggio rappresenta un’ulteriore marcia in più che nell’alternare la riunione della polizia con quella della malavita organizzata sembra rifarsi molto alle avanguardismi del periodo, in particolare alla scuola russa di Ejzenštejn e Dovženko. La fotografia invece è tutta di marchio tedesco e non solo per i giochi d’ombra ma proprio per un modo certosino di presentarci gli interni, le luci fanno sì che il fumo sparso risalti di più, quasi a ricoprire copiosamente l’intera inquadratura. Concludo l’analisi tecnica del film con una menzione particolare per le metafore adoperate da Lang che non potendoci mostrare il cadavere della prima vittima ha l’intuizione di mostrarci il palloncino che questa teneva, volare in aria, segno che l’anima ha abbandonato il corpo della fanciulla. In una delle sequenze iniziali si sentono due genitrici parlare della propria repulsione per il “Mostro”, assicurandosi nel vedere i propri bambini giocare nel cortile; un paio di scene successive, quando l’assassinio è stato già compiuto lo stesso scenario cambia totalmente registro e in due sole inquadrature statiche Lang ci fa capire che qualcosa nell’ordine delle cose è stato compromesso: c’è silenzio, il cibo nel piatto non è ancora stato toccato, la scalinata del condominio è desolatamente vuota.

    Con una visione più attenta ci accorgiamo che M - Eine Stadt sucht einen Mörder non è solo un thriller in senso stretto ma un film d’autore puro, la cui ricerca ha conferito all’opera un taglio documentaristico come il titolo originale lascia intuire: “Una città cerca un Assassino”. Nel mostrarci l’incompetenza della polizia e l’insurrezione di genitori e malavitosi furibondi, Lang dipinge il ritratto di quella che poteva essere una qualsiasi delle città tedesche del periodo. E’ solo nel concitato finale ogni confine del bene del male, morale e immorale, giusto e sbagliato, giustizia privata e giustizia ordinaria viene abbattuto. Quando, un farsesco tribunale di malviventi e prostitute pretende di giudicare ed eventualmente dare il benservito al “Mostro” che rivela a tutti la sua infermità, un disturbo, un impulso incontrollabile che si impadronisce delle sue facoltà portandolo a farsi detentore della vita di bambini indifesi. Nella recitazione di Peter Lorre, dietro il suo aspetto ordinato e ordinario, ai suoi grossi occhi da casalingo bonaccione, quelli di uno che potrebbe essere il conoscente o l’amico di chiunque, si cela un senso di disperazione e smarrimento che va palesandosi nello strepitoso monologo conclusivo, quando il carnefice diventa vittima di una folla che non manca di deriderlo prima verbalmente, e poi arrivare al peggio senza indugi.
    Un film che è forse il fiore all’occhiello di Lang, l'apice dal punto di vista tematico-espressivo che affronta il tema caro della giustizia: i criminali più efferati si sottraggono alla polizia e allo Stato per imporre la loro giustizia, quella popolare, dei genitori che hanno visto scomparire i propri figli si antepone il disincanto di chi ha ucciso senza volerlo, ma che come ci ravvisa il suo avvocato difensore, è pur sempre un uomo con dei diritti. L’inquadratura finale con le tre madri in lacrime consapevoli che alcun verdetto potrà portare indietro le figlie è segnale di una sofferenza e di un vuoto che la giustizia non farà cessare.

    Voto 10

    Edited by Paranoyd - 16/10/2015, 16:29
     
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4 replies since 3/2/2015, 16:51   93 views
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