Attore protagonista
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Prima di leggere questo libro avevo visto il film che ne era stato tratto e mi aveva colpito molto positivamente. Il libro, autobiografico, mi ha preso molto, è breve (160 pagine), conciso, ironico ed allo stesso tempo un pugno nello stomaco. Susanna Kaysen, colta e proveniente da una famiglia benestante, l’autrice e protagonista delle vicende che racconta, descrive con estrema lucidità e intelligenza la propria condizione e il proprio passato. Internata a diciott’anni in una clinica psichiatrica con la diagnosi di Disturbo da Personalità Borderline, poi giudicata guarita e rilasciata due anni dopo (anche perché si era sposata e nel ’68, come dice lei, “una proposta di matrimonio la capivano tutti”), circa venticinque anni dopo decide di raccontare la propria esperienza, recuperando e pubblicando anche stralci della propria cartella clinica dell’epoca (è solo così che verrà a conoscenza di ciò che le era stato diagnosticato anni prima- liquidato un tempo davanti a lei semplicemente come “disturbo del carattere"). Numerosissime le critiche sferzanti al mondo dell’igiene mentale (psichiatri, psicoterapeuti, psicologi, studiosi, biochimici, non si salva nessuno, solo l’infermiera Valerie, l’unica che dimostra compassione verso le pazienti della clinica e l’unica che pensa a loro come esseri umani meritevoli di compassione e non come oggetti di studio, alieni, esseri difettati da aggiustare). Certo che la condizione dei pazienti nei manicomi degli anni ’60 era veramente agghiacciante, quella delle donne pure peggio (si veniva internata anche perché ritenute “promiscue”…). Alla Kaysen è andata pure bene… Secondo me nel campo della salute mentale siamo ancora molto indietro, purtroppo… In ogni caso è un bene che abbiano cancellato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali del Dsm nel 1990!, come sottolinea ironicamente Susanna, chissà cosa resterà e cosa verrà tolto nei prossimi vent’anni … Nonostante le tematiche trattate ripeto che si tratta di un libro per nulla pesante, che mi ha fatto ridere in più punti (l'autoironia non manca) e riflettere in altri. Ci sono molte frasi degne di citazione, tipo questa:
CITAZIONE I matti sono un po’ come i calciatori scelti per battere il rigore. Spesso è pazza l’intera famiglia, ma poiché non può entrare tutta in ospedale, si sceglie una sola persona come pazza e la si interna. Poi, a seconda di come si sentono gli altri componenti, la si tiene dentro o la si risbatte fuori, per dimostrare qualcosa sulla saluta mentale della famiglia stessa. Insomma se non si fosse capito ho trovato questa autobiografia molto bella e ve la consiglio anche se non siete fan del film.
Edited by lola92 - 16/11/2014, 19:59
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