[Libro] La Certosa di Parma

Stendhal

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    La certosa di Parma
    Stendhal


    Secondo la tradizione, fu composto a Parigi fra il 4 novembre e il 26 dicembre 1838, durante una volontaria reclusione dell'autore che, chiuso nel suo studio, diede ordine alla servitù di rispondere "il signore è a caccia" a qualsiasi importuno venisse a cercarlo e a turbare così la sua produttivissima prigionia. Inoltre, sempre secondo la tradizione, tale romanzo non fu direttamente scritto da Stendhal, bensì dettato, parola per parola, a un abile copista, unico estraneo autorizzato a ficcare il naso nell'antro dell'artista.



    Trama:
    Il romanzo, ambientato sullo sfondo dell'Italia della restaurazione, in buona parte immaginaria, ha per protagonista il giovane nobiluomo milanese Fabrizio Del Dongo, figlio illegittimo della moglie del Marchese Del Dongo e di un soldato napoleonico, Robert, ospitato dalla marchesa durante l'occupazione francese di Milano.

    Fabrizio, bello e spigliato, cresce fra le attenzioni della madre e della zia, la duchessa Gina Sanseverina, e il suo animo si accende agli ideali di libertà, di cui Napoleone si faceva portatore, al punto che decide di armarsi e di andare a combattere al fianco dell'Imperatore, in Belgio.

    Arrivato a destinazione ed unitosi, dopo mille peripezie, all'esercito, si troverà ad essere l'attonito spettatore di una battaglia che diventerà fin troppo famosa, quella di Waterloo. Ma la Waterloo di Fabrizio è una Waterloo confusa, guardata con l'occhio stupito ed inesperto di un giovanotto che non si rende conto di quello che sta succedendo, fra palle di cannone fischianti, disertori allo sbaraglio, furti di cavalli e stordenti cariche di fanteria prussiana. Lo stesso Napoleone, per conoscere il quale Fabrizio ha lasciato la casa paterna ed ha percorso molte miglia, non è altro che un'incerta, ingobbita apparizione al cui il protagonista non riesce a dare più di una fuggevole occhiata.

    Alla fine della battaglia, disilluso e impossibilitato a tornare in patria a causa di un bando di cattura, Fabrizio viene preso sotto l'ala protettrice della zia Sanseverina e del suo spasimante, il conte Mosca, ministro del principe di Parma.

    La zia, una figura di donna seducente ed emancipata, lo avvia alla carriera ecclesiastica e in breve volger di tempo lo introduce con tutti i fasti all'interno della Corte parmense.

    Qui Stendhal fa sfoggio di tutta la sua fantasia, inventando un fantomatico Principato storicamente mai esistito (giacché a quell'epoca Parma era compresa nel Ducato di Parma e Piacenza), nonché della sua colossale abilità letteraria riuscendo a ritrarre in maniera esemplare il complesso microcosmo della corte, con tutti i suoi delicati equilibri, le sue malcelate ipocrisie, i suoi rapporti di forza, le servitù, le clientele, gli amori, le figure dominanti.

    In questa foresta sociale il giovane monsignor Del Dongo si muove agevolmente, seppur a volte un po' incautamente, ma all'occorrenza sempre rintuzzato o protetto dalla zia Sanseverina, che è visibilmente innamorata di lui seppure molto più anziana.

    Da questo momento in poi, il romanzo non verterà più soltanto sulla figura di Fabrizio, ma la Sanseverina acquisterà sempre maggior rilievo diventando il secondo perno della narrazione.

    In seguito alla sua sfrenata e spesso irresponsabile ricerca del piacere, di stampo quasi epicureo, comune a molti dei personaggi stendhaliani, Fabrizio sarà però costretto ad abbandonare Parma, caldeggiato come al solito dalla Sanseverina e dal conte Mosca, ma ostacolato e braccato dai cortigiani che lo hanno in antipatia e dallo stesso Principe di Parma, innamorato perdutamente della Sanseverina e gelosissimo di Fabrizio.

    Dopo un periodo di latitanza, Fabrizio verrà però catturato e condotto in catene alla Cittadella di Parma, in attesa di essere impiccato.
    Vediamo qui come ritorna il tema della prigionia come momento di catarsi ed introspezione, già notato in altre opere come, ad esempio, ne Il rosso e il nero. Ma qui la questione si complica, giacché alla prigionia fisica (che per Stendhal è sempre stata metafora della prigionia dell'anima libera da impedimenti all'interno di un corpo ingombrante e corruttibile), si aggiunge una prigionia spirituale dal momento che Fabrizio si innamora della bella e giovane Clelia Conti, figlia del governatore della prigione.

    Al momento di fuggire dalla Cittadella, ovviamente attenendosi a un piano architettato da Mosca e dalla Sanseverina, Fabrizio è però quasi tentato di restare, sconvolto dall'idea di non rivedere mai più la ragazza di cui è perdutamente innamorato. Alla fine l'istinto di conservazione prevale e Fabrizio trova la salvezza dopo una rocambolesca fuga da una cittadella che Stendhal descrive molto dissimile dalla vera cittadella di Parma e molto simile al Castel Sant'Angelo da cui fuggì, nel Cinquecento, il Cardinale Alessandro Farnese, originario di Parma, che sarebbe poi diventato papa con il nome di Paolo III. L'esuberante personalità di questo ecclesiastico avventuriero è stata più volte accostata a quella di monsignor Fabrizio e si ritiene infatti che abbia ispirato a Stendhal la figura del protagonista del romanzo.

    Nel finale, che Stendhal tagliò di circa trecento pagine per ordini dell'editore, Fabrizio, tornato a Parma dopo la morte del vecchio Principe e l'allontanamento dei cortigiani nemici, diventa un predicatore alla moda, e l'idolo di tutte le donne del principato. Riesce a raggiungere la carica di arcivescovo di Parma, e a ricongiungersi con Clelia, che gli regala un figlio, Sandrino.

    Purtroppo il fato avverso strappa al nostro eroe prima il figlio e poi l'amata; a lui non resterà altra consolazione che l'isolamento nella Certosa di Parma, nella quale morirà dopo circa un anno. Stessa sorte avrà la duchessa Sanseverina, che muore di dolore in una corte che, sottolinea Stendhal, è sempre più ricca e fastosa: magrissimo sollievo per gli "happy few", i pochi lettori eletti a cui l'autore ha dedicato l'opera.



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    Stendhal



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    Edited by lionel hutz - 14/2/2009, 02:31
     
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