| Sesso & Potere è il titolo italiano (che a qualcuno ricorderà qualche film del sottogenere alla Lino Banfi) di "Wag the dog", che letteralmente significa "Agitare il cane" che si rifà al detto americano: Il cane agita la coda perchè è più intelligente di essa, altrimenti la coda agiterebbe il cane. Come recita il messaggio che riempie lo schermo nei primi frame del film. Una delle opere di Levinson che ha creato il maggior divario tra i critici, forse a causa di schieramenti ideologici che al giorno d'oggi suonerebbero posticci e superflui, pertanto m'impegnerò a dire la mia da un punto di vista strettamente cinefilo, scevro da ideologie e prese di posizione, dacchè non sono un cittadino americano Questo lo considero un po' il film spartiacque del regista, dal quale sarebbe partita una serie di film negli anni '2000 meno impegnata e meno incisiva rispetto ai precedenti lavori del passato, culminanti nel capolavoro Rain Man. Eppure che Levinson abbia un buon tocco registico lo si può rilevare sin dai titoli di testa del film, subito ben ritmati e capaci di introdurre egregiamente il personaggio di Robert De Niro, misterioso e geniale spin-doctor del presidente degli Stati Uniti, una sorta di esperto della comunicazione col compito di risanare, all'occorrenza, l'immagine pubblica del primo uomo d'America che a due settimane dalle elezioni le voci lo vedrebbero protagonista di uno scandalo sessuale con una giovane scout. Non si percepisce un solo calo dell'attenzione nell'arco dell'ora e mezza che scorre fluida e limpida come acqua di fonte, soprattutto per i meriti registici già menzionati e per quelli assolutamente non secondari, di una sceneggiatura da cardiopalma, frizzante e talvolta delirante a cura di Hilary Henkin e David Mamet (Gli Intoccabili, Americani), uno dei miei sceneggiatori preferiti i cui dialoghi in bocca a mostri sacri della recitazione come Dustin Hoffman non potrebbero trovare migliori interpreti. Proprio attorno al personaggio di Hoffman, produttore eccentrico a cui il nostro spic doctor si rivolge per dichiarare una finta guerra ai danni dell'Albania per fuorviare l'attenzione dei media dallo scandalo che attanaglia la Casa Bianca. Una guerra che trova il suo campo di battaglia niente meno che in un set cinematografico col blue screen, i cui scenari vengono riprodotti con la facilità di spot pubblicitari con tanto di attori (tra cui una giovane Kirsten Dunst) ed effetti speciali. Per averla vinta a pochi giorni dalle elezioni dopo che la CIA non ha per poco sgominato il piano della troupe, vengono inventati anche eroi nazionali di quelli che fanno tanto impazzire il pubblico americano, sopravvissuti dietro le linee nemiche, "vecchie scarpe" da accogliere col calore della nazione in un tripudio di elogi, la pacca sulla spalla del presidente e sullo sfondo merletti a stelle e striscie e finti classici della canzone americana creati appositamente. Peccato che il piano definitivo subisca intoppi di percorso, un'incontrollabile Woody Harrelson da camicia di forza fa tentennare la riuscita di un piano architettato coi fiocchi in un finale che vive non i momenti peggiori ma sicuramente quelli così così. La visione di questo film, che consiglio vivamente, mi ha fatto ricordare il più recente Argo di Ben Affleck, entrambi sono film che fanno della finzione cinematografica e del cinema, la forza sbaragliatrice di problematiche politiche importanti, sempre in bilico tra la spettacolarizzazione da americanata bella e buona e rappresentazione sapiente sul controllo dell'opinione pubblica, a cui pare evidentemente facciano parte Wag the dog e Argo, e per fortuna aggiungerei poichè parliamo di pellicole da oscar, seppur con le dovute differenze tematiche. Qualche situazione che sfida i limiti della verosimiglianza venne messa a tacere quando a pochi pesi dopo l'uscita nelle sale, la presidenza di Bill Clinton venne minacciata dallo scandalo Sexgate. De Niro e Hoffman insieme non furono così affiatati nemmeno in Sleepers, edificazione di denuncia ad opera dello stesso Levinson.
Voto 7.5 |
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