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Votes taken by Paranoyd

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    E poi... era uno dei pochi con De Niro che non avevo ancora visto.
    Recensirlo? Chissà, magari trovo il tempo di fare un commentino :shifty:
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    Si Enny, un bel film :) ho scelto di vederlo sollecitato proprio dal fatto che tu lo candidasti tra i migliori degli anni '90 ^_^
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    Ballata dell'odio e dell'amore (2010), Alex de la Iglesia

    F for fake (1973), Orson Welles

    Stand by me - Ricordo di un'estate (1986), Rob Reiner
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    Gremlins 2 - La nuova stirpe (1990), Joe Dante

    Sesso & Potere (1997), Barry Levinson
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    Rispolveriamo un po' questo topic :shifty:

    Anche io insieme ad altri, come ho il piacere di leggere qui dentro, ho "incontrato" Truffaut sul punto di approfondire il maestro del brivido grazie a Il cinema secondo Hitchcock che credo lo abbiano letto un po' tutti i cinefili che hanno voluto riscoprire gli sprazzi di un immenso genio tecnico quale era Alfred Hitchcock. Il libro di Truffaut è molto più di un'intervista, a volte dalle lunghissime domande di François traspare una passione folgorante e una conoscenza enciclopedica, rispettivamente per l'arte del cinema e per i film del grande maestro. Su youtube potete trovare una delle ultime apparizioni di Truffaut in cui in uno studio televisivo francese parla di Hitchcock, Polanski e Mastroianni lo stanno a sentire con aria quasi mistica. *-*
    Come regista ho soprattutto ammirato quello del primo periodo; rivoluzionario al punto giusto (meno di Godard mi dicono), ma abbastanza da far rinascere insieme ai suoi amici del Cahiers du Cinema il cinema francese, stravolgendone i canoni inventando un nuovo stile che per tematiche sociologiche e artistiche rappresenta l'intermezzo ideale tra i neorealismo italiano e la nuova hollywood.
    A partire da I quattrocenti colpi, struggente impianto realista sull'educazione genitoriale e la formazione francese di quegli anni, la sensibilità con cui Truffaut ne parla, da spauracchio della media borghesia, è fenomenale. Esordire con un film del genere vuol dire farlo con la stessa forza di come a loro tempo fecero Rapina a mano armata oppure Quarto Potere. Semplicemente meraviglioso. Senza contare l'amore che Truffaut nutriva per la letteratura, attraverso la quale erigeva le pareti del suo piccolo grande mondo durante un infanzia difficile, amore che trasuda in ogni inquadratura di Fahrenheit 451, tratto dal celebre romanzo di Bradbury, quello che ne è venuto fuori è un capolavoro cinematografico crepuscolare sull'anticonformismo, che annienta con una tale forza il determinismo tecnologico omaggiando la cultura classica e umanistica che solo i libri possono tramandare.
    Il film a cui probabilmente devo di più, quello che mi ha fatto pensare di più, anche con un certa nostalgia è Jules e Jim, primo di una lunga serie di film sull'amour fou, questo è quello che per originalità, potenza visiva e abilità nell'inquadrare tematiche sociali importarti fa capo a tutti, a livello mondiale. Capace di scardinari i canoni morali di un certo tipo di cinema e di una certa realtà, Truffaut compie un elogio stavolta non più a Hitchcock come aveva già fatto in Tirate sul pianista e Fahrenheit 451 ma ad un autore letterario francese prima di allora passato inosservato, Henri Pierre Rochè, per cui il regista spenderà parole, paroloni manifeste di grande dedizione all'anziano scrittore, arrivando a dedicargli il primo piano di una sua foto in uno dei suoi film più complessi, La camera verde.
    Particolarmente votato al melodramma romantico, al mènage à trois (vecchio volpone), spiccano nella sua opera numerosi lavori alla Jules e Jim che fanno il verso a Jean Renoir ancor più che a Sir Alfred, di storie del passato le cui trame calzano perfettamente nell'attualità moderna che egli viveva, per lo più film in costume come Le due inglesi, Adele H e L'ultimo metrò, quest'ultimo, capolavoro della maturità che dopo i fasti di Effetto Notte (premiatissimo film per cinefili che mostra la lavorazione di un film), restituisce una certa gloria al teatro in un periodo storico come quello della seconda guerra mondiale, con un coppia d'oro che vede protagonisti Catherine Deneuve e Gerard Depardieu.
    Per parlare dignitosamente delle attrici lanciate da Truffaut bisognerebbe aprire un topic apposta, tuttavia temo di essermi già dilungato troppo ma mi auguro che il messaggio sia trapelato, e cioè di consigliarvi doverosamente di appronfondire questo genio del XX secolo, anche solo per diventare persone migliori, oltre che rispettabili cinefili.

    Edited by Paranoyd - 29/12/2016, 16:21
  6. .
    Ho concluso proprio ieri la serie fiondandomi sugli ultimi 3 episodi, divorati in una sola sera.
    Non sono un appassionato della serialità, di qualsivoglia tipologia... le cose a puntate generalmente mi arrecano noia e un senso di interminabilità che nemmeno i film più pallosi di Antonioni riescono ad incutere.
    The Young Pope per me ha rappresentato infatti un'eccezione di cui possono fregiarsi pochissime altre serie; Gomorra e Prison Break tra le altre.
    Il nostro Paolo Sorrentino racconta la storia di Lenny Belardo, un giovane papa nordamericano immaginario che ha scelto di farsi chiamare Pio XIII, abbandonato dai propri genitori da bambino, è stato allevato da Suor Mary, una maestosa Diane Keaton che incarna i più alti valori di maternità e cristianità, oltre che un talento sagace per la pallacanestro.
    Pio XIII è naturalmente Jude Law, talvolta acclamato come un santo, sovente viene accostato a Gesù Cristo benchè la bellezza celi una personalità a tratti diabolica, rivoluzionario e dispotico, manipolatore incontrollabile e irricattabile e sempre in lotta tra la fede e il non credere.
    Un po' Cristo e un po' Anticristo, Lenny si porta dietro il trauma dell'abbandono, che lo affligge relegandolo in uno stato di chiusura e incomunicabilità con i fedeli, amareggiati e delusi per le sue drastiche riforme che si sommano alla suo non-presenza durante i riti vaticani, sempre e comunque celebrati nella più mesta riservatezza, senza nè apparire al pubblico, nè concedere nulla ai giornalisti.
    Il vaticano (ri)creato da Sorrentino è un regno paradisiaco animato da cardinali che sono fumatori accaniti o camerati troppo accaniti di potere, o tutte e due le cose; suore che giocano a pallone e svolgono le loro mansioni avvolte da un' aura celestiale; canguri che saltano qua e là per giardini sterminati il cui ordine è garantito da guardie svizzere salde con rigore ai loro posti.
    C'è molto di autoriale in The Young Pope, di autobiografico intimista, di elementi tipici del cinema sorrentiniano che chi apprezza sicuramente non avrà difficoltà a riconoscere; il protagonita orfano, la figura della suora che si rifà a ciò che la sorella del regista ha rappresentato per lui, la passione per la musica che rende il Papa un amante dei Daft Punk e quella per il Napoli, che contiene rimandi in tutti i film del regista partenopeo ma che trova in questa serie quello più esplicito nel cardinale tifoso Voiello (uno straordinario Silvio Orlando). Innumerevoli anche le citazioni letterarie che qui si sommano a quelle teologiche, da Salinger (che secondo il papa è lo scrittore più influente proprio per il modo con cui avrebbe preservato la sua vita privata) a Sant'Agostino.
    Dialoghi di altissimo livello, continua ricerca dell'estetica estatica, una serie di situazioni che oscillano tra il mistico e il grottesco fanno di questa prima stagione una mosca bianca tra le serie TV, un'opera che riesce ad assottigliare il divario tra i limiti della televisione e quelli del cinema vero, che punta il dito senza accusare, che mette "sull'altare" l'individuo, dove invece regna una patina di infallibilità che non può permettersi di lasciar spazio all'ombra del dubbio.
    Se potessi scegliere, preferirei che il vaticano sia quello di The Young Pope, ma nessuno può dirmi con certezza che già non lo sia.

    Voto 8
  7. .
    Alien 3 (1992), David Fincher
  8. .
    Youth - La giovinezza (2015), Paolo Sorrentino
    Merantau (2009), Gareth Evans
    Gli anni in tasca (1976), François Truffaut
  9. .
    Il titolo di questa discussione fa il verso all'ormai celebre giuoco che la nostra Sidney e la sua capacità inventiva hanno partorito dopo un travaglio che si è consumato anni or sono, sia in chat che nell'area staff.
    Il 2016 anno solare, e diciamo anche cinefilo, sta volgendo al termine e colgo l'occasione con questa discussione per chiedere all'utenza del forum la conoscenza di quale regista, quale attore o attrice vorreste approfondire nell'anno che verrà, se come me avete in mente una scaletta da seguire schematicamente o lasciate che sia il caso a decidere su quali film vi orienterete. Il quesito è valido anche per le Serie TV.

    Per me ad esempio, il 2016 è stato l'anno in cui ho terminato le filmografie di Hitchcock, Tarkovskij, Orson Welles ed ora sto chiudendo in bellezza con Truffaut.
    Inoltre dopo aver visto tutti i film di Sorrentino ho iniziato a guardare la serie The Young Pope su cui mi esprimerò meglio in merito appena avrò visto tutte le puntate.
    Il prossimo anno vorrei riprendere a pieno regime col cinema italiano integrando la filmografia di Pasolini con la sua attività letteraria, che ambisco a completare.
    A voi la parola.
  10. .
    Sono parzialmente d'accordo con quanto asserito dal saggio Snaporaz sul film, specie sulla bravura della giovanissima ed eterea Isabelle Adjani, che nell'arco dei primi tre anni di carriera da quando Truffaut l'ha strappata al teatro ha già recitato per Polanski (L'inquilino del terzo piano) ed Herzog (Nosferatu). Tanto di cappello.

    Benchè il plot possa sembrare quello di un solito melodramma - genere con cui anche io faccio a pugni ancor più se inerente ad una qualche biografia - si possono trovare elementi che sono riscontrabili ad altri film del regista della Nouvelle Vague, ricalcandone i topoi cari.
    Non so perchè non sia stato fatto un lavoro di maggior mordente sul piano sonoro, la mancanza di una bella colonna sonora come quelle di Delerue o Duhamel avrebbe giovato all'opera che piuttosto pone al centro dell'attenzione ciò che vediamo, e cioè i begli occhi di un'attrice dal talento innato capace di comunicare smarrimento, desolazione e solitudine in contrasto con la primitiva bellezza che il viso esprime.
    Sul versante estetico non vengono raggiunte le vette de Le due inglesi, altro melodramma in costume la cui forza stava principalmente in certi squarci paesaggistici tali da sembra dei dipinti, in risposta però ad un ritmo narrativo lento.
    In Adèle H le scenografie, perlopiù interni austeri e disadorni (la banca, la casa in cui la protagonista è ospitata), nella loro rappresentazione sobria e credo volutamente algida probabilmente acuiscono il senso di deflagrazione interiore della figlia di Hugo. Pensando a ciò a cui fu abituata lei, appartenente ad una famiglia agiata, Truffaut ha forse voluto rimarcare questa evasione di Adèle dai costumi borghesi per cercare l'indipendenza in un amore folle, ossessivo e ormai palesemente irrealizzabile e lo spazio in cui ella vaga si confà pienamente alla sua condizione.
    Qui mi riallaccio a quello che dicevo inizialmente e cioè che pur raccontando una storia d'amore tratta dall'epistolario di Adèle, quel furbacchione di Truffaut ha l'incentivo di dare il là a tematiche care della sua poetica cinematografica: il riscatto della donna in una società patriarcale, l'assenza dei genitori e il rapporto padre-figli (unica via di confronto e comunicazione tra i due Hugo è proprio la scrittura, cosa che comunque rende la figura paterna insormontabile), il rifiuto delle convenzioni borghesi, e naturalmente l'amour fou.
    A me è piaciuto tutto sommato, non è un capolavoro, ma è uno di quei film che non si dimenticano, che sono destinati a vivere un fascino eterno e che Truffaut ha consegnato alla storia del cinema e a noi cinefili spetta tramandarne il valore autentico, l'unicità.

    Voto 8
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    Effetto notte (1971), François Truffaut
  12. .
    Il Fuggitivo è un cult del suo genere, Quel che resta del giorno è un
    CITAZIONE
    FILMONE PAZZESCO

    mentre Lezioni di piano non l'ho ancora visto.
    Il capolavoro è Schindler's List, infatti reputo che abbia meritato l'oscar di quell'anno e visti e considerati gli altri film di Spielberg è uno dei pochi, forse l'unico "intoccabile" della sua filmografia per realizzazione e tutto il resto. Quel film racchiude tutto ciò per cui il regista vale la pena essere ricordato, il resto sono commercialate americane radical chic e film per bambini, poi che siano ben fatti è fuori discussione, non stiamo mica parlando di Claudio Fragasso.
    Detto questo, ho votato Nel nome del padre, che mi è piaciuto un botto.
  13. .
    Le due inglesi (1971), François Truffaut
  14. .
    Domicile Conjugal (1970), François Truffaut

    L'anno del dragone (1985), Michael Cimino

    Edited by Paranoyd - 14/12/2016, 12:54
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    Il vento fa il suo giro (2005), Giorgio Diritti

    C'era una volta in Anatolia (2011), Nuri Bilge Ceylan
507 replies since 23/9/2014
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