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Votes given by Ellie02

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    Ritrovamenti adolescenziali :lol: é troppo bello vedere queste cose. Diario anno 1997

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    Già! :woot:

    <3

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    Ellie caspita se ti do ragione. Io che non ho letto i libri, bhooo.... noioso. Ad un certo punto sembrava di essere in resident evil ma con la scenografia di insurgent e hunger games xD E quando c'è stata la tempesta di fulmini ho proprio detto "sono nell'arena di hunger games" ...
    Poi passaggi lunghi noiosi e silenziosi con luci fastidiosissime. Insomma è stato un po' una tortura... E Thomas, una lagna! Per non parlare dei dialoghi sospesi, e a volte inesistenti. Ma che dialoghi sono????
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    CITAZIONE (Ellie02 @ 17/10/2015, 20:59) 
    Maze Runner: La fuga

    Anche io :m09:
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    Aggiorno anche io e commento Lost in Translation :)

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    Avete votato? State votando? Spero di si...........
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    Ed ecco la mia :P



    Non aspettatevi di vedere il solito film di amori adolescenziali o il classico film sui ragazzi malati di tumore e di come “eroicamente” ne affrontano le conseguenze. No, perché “Colpa delle stelle” vi farà rimanere a bocca aperta. E’ si un film d’amore, ovviamente, altrimenti credo non avesse potuto avere tutto questo successo. Ma è il modo in cui tratta questo viaggio che si percorre andando incontro alla morte, di come viene affrontato e di come faccia schifo sapere di dover morire. Ma non solo, di come faccia schifo non respirare, del dolore che si prova quando vedi dei genitori che soffrono per te e non poter continuare a fare la depressa tranquillamente perché altrimenti questi ti portano dai dottori, i quali ti diagnosticano la depressione, dando la colpa ai farmaci, quando tutto è solamente un effetto collaterale del morire.

    Un amore tra adolescenti, il periodo della vita dove tutto viene vissuto più intensamente e soprattutto con la forza e la credenza di poter essere quasi immortali. L’immortalità, però, non viene ovviamente vissuta, perché i dure ragazzi vivono costantemente con la falce della morte accanto, che li segue ovunque e da un momento all’altro potrebbe scendere su di loro o su uno di loro.

    Hezel Grace Lancaster è una diciasettenne (16 nel libro) malata di tumore in origine alla tiroide poi con una bellissima colonia satellite nei polmoni. Ed è per questo che la vedremo accompagnata sempre come un’ombra da una bombola dell’ossigeno. E’ un’amante fedele e quasi morbosa del libro “Un imperiale afflizione” dello scrittore di fantasia Peter Van Houten il quale è alla base e quasi al centro dell’intera storia.
    Quando le diagnosticano la depressione, le consigliano di frequentare un gruppo di sostegno, ed è proprio a queste riunioni che la sua vita viene definitivamente stravolta. Durante una di queste sedute incontra Augustus Waters (Gus), colui che le cambierà l’intera esistenza e darà la prima importante svolta alla pellicola.
    Gus è un personaggio chiave molto importante, e l’attore Ansel Elgort regge benissimo il ruolo. Dà il senso di reale protezione, regala gioia e sorrisi, sempre o quasi. Un ragazzo di 18 anni (nel libro 17) con alle spalle un osteosarcoma teoricamente sconfitto con il solo sacrificio di un arto.
    Insieme a Gus conosceremo anche Isaac, ragazzo con un tumore agli occhi che, a causa di questo, perderà completamente la vista, e gli occhi. Isaac ci regala attimi di vera passione adolescenziale, quella passione e quella forza che solo a 17 anni si prova. Il coraggio e il declino di esso, quando vengono meno le tue sicurezze. La furia nell'affrontare il dolore e la profonda amicizia. Il tutto accompagnato ad una costante ironia molto apprezzata. Nat Wolf, che lo interpreta, è davvero bravo a farci vivere queste grandi emozioni. Ci fa sorridere, soffrire, e tornare a sorridere con la velocità di un fulmine.

    Questi sono all’incirca i personaggi principali, le cui storie sono legate da un'unica costante. La morte. Anche se per Isaac non sarà così, come non lo è per i rispettivi genitori dei protagonisti, ci fa comunque capire come sarà il dopo. Dopo che una persona cara a cui volevamo bene ed eravamo legati quasi indissolubilmente, ci viene portata via.

    Come dicevo prima, “Un imperiale afflizione” il libro cardine e centrale della pellicola, è un racconto di una bambina malata di cancro che quando muore lascia le vite delle persone che gli sono vicine in sospeso. Ed è questo che Hazel Grace non riesce ad accettare, vuole, con tutta se stessa, conoscere le sorti del destino delle persone, e del criceto, che hanno accompagnato la protagonista fino alla morte.
    Ed è infatti, grazie a questo libro, che i protagonisti Hazel e Gus si recano ad Amsterdam. Per conoscere l’autore del libro che ha cambiato il loro modo di vedere il mondo. E anche il loro modo geniale di comunicare e di esprimersi. Forse, anche uno dei motivi del grande successo del film, è che tutto viene reso con dialoghi non eccessivamente mielosi, ma studiati a volte pungenti, e a parer mio, non banali. Ad eccezioni di qualche cliché sfortunatamente inevitabile.

    Amsterdam, altra cruciale svolta. Un cambio direzionale di registro, un twist narrativo che ci immerge del dramma e ci fa profondamente capire cosa sia l’ingiustizia e cosa siano le svolte che la vita spesso ci fa affrontare.

    E’ difficile raccontare come Amsterdam sia così importante senza cadere nello spoiler, quindi mi limiterò a dire che è la visita alla casa di Anna Frank affrontata con indomito coraggio e grande fatica da parte della protagonista, ad essere il cuore di questo cambio da parte di tutti.

    Dal ritorno da Amsterdam cambia un po’ tutto. C’è un inversione di ruoli tra i due protagonisti continuamente, però, accompagnanti dall’amico Isaac e dalla sua splendida ironia e sofferenza.

    La vita di Anna Frank, come tutti sappiamo, è stata da esempio per molti. Il suo diario ha influenzato molte menti e ha stravolto molte vite. In questo caso grazie a lei Hazel comincia ad abbracciare la vita in modo diverso, e a vivere le proprie emozioni a mille, come una sedicenne dovrebbe fare. S’innamora, soffre, si ribella. Tutto nella costante visione che da un giorno all’altro qualcuno potrebbe arrivare e portarci via da questo mondo e dalle persone che amiamo.

    Lo stesso diario di Anna Frank viene adoperato in altre pellicole per spiegare cosa sia la vita anche in un momento terribile come la guerra. Un esempio ne è il film tratto dai diari dei “The Freedom Writers” (regista Richard LaGravenese)
    E’ proprio grazie alla lettura de il diario di Anna Frank che i protagonisti cominciano a capire che il modo in cui vivono è terribilmente sbagliato. E che al mondo c’è stato qualcosa di più forte, organizzato e potente delle attuali gang di cui fanno parte. La protagonista, l’insegnante Erin Gruwell (Hilary Swank), fa proprio leva sui temi del razzismo e dell’olocausto per aiutarli, ed è così che cambia le loro vite.
    Accettare la morte non è mai semplice, soprattutto se sei giovane e hai teoricamente una lunga vita davanti a te. Hazel Grace, prima che Gus entrasse nella sua quotidianità, viveva una vita apparente e piatta, fatta di routine e libri. E’ l’amore a riportarla alla vita.
    Un caso apparentemente simile lo potremmo vedere in PS I Love You, pellicola sempre del regista Richard LaGravenese, che al contrario, ci fa capire come sia sofferente perdere qualcuno che si ama, e come sia difficile andare avanti e riuscire ad accettare la morte improvvisa.

    La morte, la morte è una costante della vita di tutti. Lo possiamo accettare, o vivere con la paura. Tutto sta a noi. Spesso ci vengono affiancate persone che ci aiutano a superarne la paura. Spesso, al contrario, ci vengono strappate e portate via. Ma una cosa rimane sempre, la morte.

    Il regista di “Colpa delle stelle” non ha fatto un grandissimo lavoro di regia, è tutto piuttosto scolastico. Sfumature, slow-motion, nulla di eccezionale. Ma la grande bravura di Shailene Woodley e dei suoi amici, ha fatto sì che ogni emozione la potessimo vivere anche noi.
    Mentre i personaggi secondari come i genitori di Hazel e l’importantissimo autore di Un’imperiale afflizione Peter Van Houten (William Dafoe) sono risultati un po’ sottotono. Forse un po’ meglio Laura Dern ossia la madre di Hazel, ha dato il giusto spessore che c’era in origine nel libro. Del quale, vi consiglio la lettura, ma al quale ho preferito il film.

    I costumi, le musiche e le scenografie sono altrettanto impeccabili. Ci accompagnano nei vari luogo di “culto”, il parco, la camera di Gus, Amsterdam. Tutto perfetto, e quasi identico all’originale descritto nel libro, con ovvie “licenze poetiche” da parte del regista Josh Boone di cui ricordiamo essere solo la sua seconda pellicola.

    Ci sono film che anche se non sono capolavori donano una serie infinita di emozioni, e colpa delle stelle è uno di questi.
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    So che in molti apprezzeranno :D

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    CITAZIONE (dic83 @ 12/10/2015, 21:24) 
    ma che chat frequenti??
    cmq si penso di averla capita XD però non mi torna xke lui ha esordito (ho forse è un taglio di chat) con m16, a cosa si riferiva? xke presumo non sapesse che l' M16 fosse un fucile! visto dopo come ha risposto XD o forse era un burlone!

    Ahahah dic, mi diverto ad andare in quelle chat piene di gente strana a rompere le palle, ora non più perchè non ho abbastanza memoria sul cellulare per tenere l'applicazione xD Comunque esordiscono così per indicare sesso (Maschio-Femmina) e l'età. Ne ho tanti altri screen di gente fuori di testa xD

    Anyway, non so voi, a me queste vignette fanno morire

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    Dato che questa sera c'era Titanic...

    titanic-2

    secondo me James Cameron sta dicendo alla Winslet: "lo so che ci stareste tutti e due qui sopra, ma dopo aver speso 200 milioni di dollari non abbiamo manco più i soldi per far tagliare questo pezzo, quindi se lui cerca di salire affogalo!".
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    Ahahahah xD L'ho vista in Black Mass, finora ha 2-3 espressioni di repertorio (troppe) che ancora la tengono un po' lontana dal trono, ma se fa un altro paio di film secondo me potrebbe farcela :lol:
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    Ragazzi questa potrebbe essere la degna erede di Kristen Stewart, teniamola d'occhio!!
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    Visto che mi trovavo ho fatto anche l'altra metà xD

    r_poli_opposti_notizia
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    Ecco il mio scritto. Spero di non arrivare ultimo xD
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    Woody Allen è tra i registi americani più divertenti e innovativi degli ultimi anni.
    Autore di ben 45 pellicole, il vecchio Woody ha fatto sognare e ridere generazioni, affrontando i maggiori temi sull'esistenza e sull'amore, creando un nuovo modo di intendere la commedia.
    Andiamo ad analizzare tre tra i film più emblematici e rappresentativi della sua carriera: Io e Annie, Manhattan e Basta che funzioni.
    Film che rivoluzionò la commedia americana, e vincitore di ben 4 premi oscar, Io e Annie è la storia di un comico,Alvy Singer, e del suo amore per Annie, con cui ha troncato da poco i rapporti.
    Alvy vuole cercare disperatamente di capire perché la loro storia sia finita, e per farlo ricostruisce, proprio come in un puzzle, i momenti significativi della sua vita.
    Dall'infanzia non troppo spensierata, e scandita già da un forte interesse per l'altro sesso, ai momenti in cui Alvy conosce Annie, ne rimane colpito e se ne innamora, passando poi per i rapporti con le altre mogli, e la definitiva rottura tra i due protagonisti.
    Allen, mette in scena, con Io e Annie, la storia di un'amore potente quanto inspiegabilmente difficile, mostrando quello che è il rapporto tra lui e Diane Keaton, radiosa e iconica, grazie ai suoi vestiti e al suo motivetto "La-dee-da, la-dee-da".
    Perché Io e Annie è innanzitutto una dichiarazione d'amore fatta da Allen alla sua anima gemella, la Keaton, con cui a breve si lascerà anche nella realtà.
    Ma il film non si ferma solo a questo.
    Oltre a essere una feroce critica alla star system hollywoodiana, seppur lo stesso Allen sia uno dei protagonisti della New Hollywood, Io e Annie è soprattutto la visione più totale ed emblematica della mentalità alleniana, nonchè il massimo livello registico raggiunto da Woody Allen.
    Già dalla prima scena si può percepire la maturità del regista new yorkese, che, dopo le esilaranti stand up commedy, con cui è riuscito a sfondare, ha finalmente deciso di provare nuove strade artistiche, scavando a pieno nel proprio talento.
    Il film si apre infatti con un stupendo monologo in camera, in cui Alvy (Woody Allen) racconta la sua storia. Le citazioni alla Nouvelle Vague e a Jean-Luc Godard sono evidenti, ma mentre il regista francese voleva, in Fino all'ultimo respiro, ricordare allo spettatore di essere in una sala cinematografica, Allen vuole anche cercare un contatto diretto col pubblico, infrangendo la famosa barriera tra schermo e spettatore.
    La tecnica dello sguardo in camera viene ripresa in tantissimi punti del film, rendendo la pellicola divertente e coinvolgendo in maniera attiva lo spettatore. Epica la scena in cui appare il sociologo Marshall MacLuhan, dove Allen critica ferocemente lo stereotipo dello pseudo intellettuale, creando un contesto completamente surreale e ironico.
    Altro tema molto sentito dal regista è poi quello dell'antisemitismo e del mondo ebraico in generale, ripreso sia in Manhattan che in Basta che funzioni, oltre che in tantissime altre sue pellicole.
    Allen, ebreo di famiglia, ironizza sulla religione ebraica, riducendola a uno stereotipo divertente e particolarmente anticonvenzionale, attorno a cui girano gran parte delle sue gag.
    Ma sono le tematiche Freudiane ad avere un'eclatante importanza all'interno della storia.
    Il regista esplora in maniera incontrollabile le proprie paure e nevrosi, le proprie angosce, e insicurezze. In particolar modo è la morte ad essere al centro dei pensieri di Allen, come già poteva essere evidente in Amore e Guerra.
    Il rapporto uomo/donna è analizzato in maniera dettagliato, attraverso il racconto delle varie fasi di amore e distacco tra i due protagonisti.
    Le numerose scene si sovrappongono e si mescolano, creando una narrazione frammentata, costituita da molti flashback e flashforward, che creano però un incredibile senso di linearità alla narrazione.
    Questo connubio di sentimenti è tenuto sotto controllo unicamente all'interno della città di New York, che diviene il vero guscio del protagonista. Sarà infatti con l'uscita dalla città che tutte le illusioni cadranno, provocando la fine del rapporto tra Alvy e Annie.
    Io e Annie è per questi motivi il primo film in cui viene mostrato il vero lato pessimistico del regista.
    Allen cerca infatti di capire il perché esistano le relazioni, cosa le governano, e perché esse possono crollare, ma non riesce a dare una risposta definitiva, interpellandosi infine a una verità inconfutabile, ossia che nulla ha significato in quanto l'uomo ha per sua natura bisogno della donna.
    Da ciò si capisce come il pessimismo alleniano sia agli arbori, in quanto vi è quella leggerezza di intenti che rende questo film ancora piuttosto ottimistico, rispetto ai futuri.
    Dopo Io e Annie infatti il cinema alleniano subirà un ulteriore passo avanti grazie a Manhattan, che ne è la continuazione artistica.
    Esso parla di Isaac, un autore televisivo che, lasciatosi con la moglie, inizia una relazione con Tracy, una ragazza di 17 anni.
    L'incontro con Mary, la donna del suo migliore amico, sconvolgerà il povero Isaac facendogli capire di dover troncare i rapporti con Tracy.
    Ma presto la razionalità di Isaac verrà meno, portandolo a cambiare idea e a tentare di riconquistarla quando lei, infine, si accinge a partire per Londra.
    Se in Io e Annie, Allen usciva anche fuori da Manhattan, esprimendo in ogni caso l'amore incondizionato per la propria città, in Manhattan, New York è il vero e unico centro del mondo alleniano. Essa è mostrata in tutta la sua bellezza e magnificenza, in un tributo iniziale dove Isaac spiega i motivi per cui ama New York, concludendo il discorso dicendo: "No, aspetta, ci sono: "New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata...".
    Il Woody Allen artista è, in Manhattan, più sicuro dei propri mezzi, del messaggio che vuole trasmettere.
    L'emblematico bianco e nero ne è la prova, capace di creare un'atmosfera magica in una città completamente in linea con il regista. Eterna la scena della panchina, dove viene toccato probabilmente il più alto livello formale nell'intera filmografia di Allen.
    Le tematiche lanciate in Io e Annie sono in Manhattan riprese ed elevate al massimo.
    Risulta infatti un film con un tenore più drammatico rispetto alla pellicola del 1977, condizionata probabilmente dalla passione dello stesso regista per il genere, affrontato l'anno prima, nel 1978, con Interiors.
    Il pessimismo alleniano è infatti ben affermato e con un carattere predominante rispetto a Io e Annie. Se il personaggio di Alvy alterna sicurezze ad insicurezze nel rapporto con le donne e con la vita stessa, quello di Isaac è incapace di risolvere i propri problemi, ed è condizionato completamente dalle sue paure.
    Il personaggio di Manhattan si muove poi per le sue strade, i suoi palazzi, i suoi scorci, incurante di ciò che accade al di fuori della sua città.
    La visione della vita secondo Allen è maggiormente approfondita in Manhattan, dove il regista new yorkese si interroga per la prima volta sulle cose che contano veramente, finendo infine per citare il viso di Tracy, e quindi l'importanza dei rapporti con le donne, senza capirne il perché.
    Dopo l'esperienza con Manhattan, Allen scrisse e diresse tantissimi film: Zelig, Hannah e le sue sorelle, La rosa purpurea del Cairo, Broadway Danny Rose.
    Bensì la vera continuazione di Io e Annie e Manhattan è Basta che funzioni.
    La sceneggiatura fu realizzata già nel 1977 per essere interpretata da Zero Mostel, ma la morte improvvisa dell'attore congelò per lungo tempo il film, che venne realizzato "solo" 30 anni dopo, nel 2009, con protagonista Larry David.
    Basta che funziona parla di Boris Yellnikoff, un fisico di mezz'età conosciuto a livello mondiale, che, dopo aver tentato il suicidio, divorzia e si trasferisce in una casa, dove procede con un deciso isolamento dal mondo, figlio di un odio profondo per le persone, che sono incapaci di raggiungere il suo intelletto.
    L'incontro con Melodie sconvolgerà la vita di Boris, che a poco poco si riaffaccerà sul mondo.
    I due dopo essersi sposati dovranno però fare i conti con i genitori di lei e l'arrivo di un giovane che sconvolgerà i sentimenti della ragazza.
    Imbientato nuovamente a Manhattan, dopo le parentesi europee, Basta che funzioni è come se chiudesse una sorta di trilogia ideale iniziata con Io e Annie.
    L'esperimento cinematografico dello sguardo in camera viene riproposto dopo circa 30 anni, attraverso l'interpretazione di Larry David, il più convincenti tra gli alter ego di Woody Allen.
    Boris è cinico, odia le persone, e si rivolge allo spettatore spiegandone i motivi, in un monologo esistenzialista più nevrotico e duro di quello fatto da Alvy Singer all'inizio di Io e Annie.
    Con questo personaggio, Woody Allen, non ha paura di dichiararsi un intellettuale, uno tra i pochi ad avere una profonda visione d'insieme, e di criticare l'uomo, la sua stupidità ed irrazionalità. Perché in un mondo dove tutto è caotico, la razionalità diventa meta irraggiungibile e strettamente necessaria.
    Il pessimismo presentato già in Manhattan è infatti evidente nei primi minuti della pellicola.
    Per la prima volta però questo atteggiamento subisce una brusca frenata e si ribalta, in quanto Boris presto si rende conto che le sue convinzioni sono troppo dure, e che le persone, in quanto esseri capaci di sorprendere, possono in realtà essere elementi positivi all'interno del mondo.
    Il film mostra infatti un Woody Allen molto più ottimista, ma sempre cinico, che gioca ancora con le domande filosofiche sull'esistenza, sui rapporti tra uomo e donna, ma che riesce a stemperare ogni sentimento negativo con un'inaspettabile frase, ossia: Basta che funzioni.
    Perché dopo anni di interrogativi, di non risposte, di insicurezze, la verità è che nella vita, come in amore, l'importante è proprio che tutto funzioni, senza porsi troppe domande, troppi problemi.
    Come quella barzelletta dove uno va da uno psichiatra e dice: "Dottore, mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina. E il dottore gli dice: Perché non lo interna?" E quello risponde:"E poi a me le uova chi me le fa?", che corrisponde molto a quello che Woody pensa dei rapporti uomo /donna: e cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi... Ma che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.

    Edited by jonny95 - 12/10/2015, 07:44
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    Sono stata colta da un momento di ispirazione improvvisa e non ho saputo resistere. Non fatevi domande...soprattutto su arrosti.

    L5CY1Qv
368 replies since 22/8/2012
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