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Votes taken by jonny95

  1. .
    Non sei l'unica viky. Il suo citazionismo è qualcosa di straordinario. Poi è sbagliato definirlo uno che copia, anche perchè giustamente lui dice che se una scena è perfetta così com'è, perchè dovrebbe cambiarla?
    Se il ballo di 8 1/2 è incredibile dal punto di vista compositivo, perchè uno non dovrebbe riproporlo? Dicasi la stessa cosa per le altre scene.
    I più grandi citano, non solo lui.
    E la stessa cosa vale anche per altri forme d'arte, non certo solo per il cinema.
  2. .
    Bravissima viky complimenti :)
    E complimenti anche a sid e ellie. Tutte delle bellissime recensioni :D
  3. .
    Eheh.
    Io alla mia sinistra ovviamente ci metto Woody Allen, così so che qualche risata me le strappa.
    Alla mia destra invece opto per Clint, perchè lui si che è cazzuto come pochi.
    Poi negli altri posti inviterei Kubrick, e gli chiederei se ha diretto lo sbarco sulla luna xD.
    Negli altri 4 posti invece Tarantino (perchè anche lui è cazzuto), Kurt Russell (bè in un tavolo di cazzuti lui non può mancare), Hemingway (perchè lui beve forte e ha fatto la guerra) e infine Charlize Theron, perchè almeno una donna ci vuole xD
  4. .
    Gangster story.
  5. .
    Il personaggio di matt damon in the departed. Che schiaffi che gli darei xD
  6. .
    Benvenuta :)
  7. .
    Votate amici :m42:
  8. .
    Sparo la mia allora.

    1) Io e Annie
    2) Pulp Fiction
    3) 2001 - Odissea nello spazio
    4) Million Dollar Baby
    5) Paris, Texas
    6) La leggenda del pianista sull'oceano
    7) I Tenenbaum
    8) Bande á parte
    9) Le iene
    10) Fargo
  9. .
    Meno espressiva di Maria De Filippi durante il matrimonio, e meno brava di un ciccione durante una corsa campestre.
  10. .
    Che sballoooo
  11. .
    Ecco il mio scritto. Spero di non arrivare ultimo xD
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    Woody Allen è tra i registi americani più divertenti e innovativi degli ultimi anni.
    Autore di ben 45 pellicole, il vecchio Woody ha fatto sognare e ridere generazioni, affrontando i maggiori temi sull'esistenza e sull'amore, creando un nuovo modo di intendere la commedia.
    Andiamo ad analizzare tre tra i film più emblematici e rappresentativi della sua carriera: Io e Annie, Manhattan e Basta che funzioni.
    Film che rivoluzionò la commedia americana, e vincitore di ben 4 premi oscar, Io e Annie è la storia di un comico,Alvy Singer, e del suo amore per Annie, con cui ha troncato da poco i rapporti.
    Alvy vuole cercare disperatamente di capire perché la loro storia sia finita, e per farlo ricostruisce, proprio come in un puzzle, i momenti significativi della sua vita.
    Dall'infanzia non troppo spensierata, e scandita già da un forte interesse per l'altro sesso, ai momenti in cui Alvy conosce Annie, ne rimane colpito e se ne innamora, passando poi per i rapporti con le altre mogli, e la definitiva rottura tra i due protagonisti.
    Allen, mette in scena, con Io e Annie, la storia di un'amore potente quanto inspiegabilmente difficile, mostrando quello che è il rapporto tra lui e Diane Keaton, radiosa e iconica, grazie ai suoi vestiti e al suo motivetto "La-dee-da, la-dee-da".
    Perché Io e Annie è innanzitutto una dichiarazione d'amore fatta da Allen alla sua anima gemella, la Keaton, con cui a breve si lascerà anche nella realtà.
    Ma il film non si ferma solo a questo.
    Oltre a essere una feroce critica alla star system hollywoodiana, seppur lo stesso Allen sia uno dei protagonisti della New Hollywood, Io e Annie è soprattutto la visione più totale ed emblematica della mentalità alleniana, nonchè il massimo livello registico raggiunto da Woody Allen.
    Già dalla prima scena si può percepire la maturità del regista new yorkese, che, dopo le esilaranti stand up commedy, con cui è riuscito a sfondare, ha finalmente deciso di provare nuove strade artistiche, scavando a pieno nel proprio talento.
    Il film si apre infatti con un stupendo monologo in camera, in cui Alvy (Woody Allen) racconta la sua storia. Le citazioni alla Nouvelle Vague e a Jean-Luc Godard sono evidenti, ma mentre il regista francese voleva, in Fino all'ultimo respiro, ricordare allo spettatore di essere in una sala cinematografica, Allen vuole anche cercare un contatto diretto col pubblico, infrangendo la famosa barriera tra schermo e spettatore.
    La tecnica dello sguardo in camera viene ripresa in tantissimi punti del film, rendendo la pellicola divertente e coinvolgendo in maniera attiva lo spettatore. Epica la scena in cui appare il sociologo Marshall MacLuhan, dove Allen critica ferocemente lo stereotipo dello pseudo intellettuale, creando un contesto completamente surreale e ironico.
    Altro tema molto sentito dal regista è poi quello dell'antisemitismo e del mondo ebraico in generale, ripreso sia in Manhattan che in Basta che funzioni, oltre che in tantissime altre sue pellicole.
    Allen, ebreo di famiglia, ironizza sulla religione ebraica, riducendola a uno stereotipo divertente e particolarmente anticonvenzionale, attorno a cui girano gran parte delle sue gag.
    Ma sono le tematiche Freudiane ad avere un'eclatante importanza all'interno della storia.
    Il regista esplora in maniera incontrollabile le proprie paure e nevrosi, le proprie angosce, e insicurezze. In particolar modo è la morte ad essere al centro dei pensieri di Allen, come già poteva essere evidente in Amore e Guerra.
    Il rapporto uomo/donna è analizzato in maniera dettagliato, attraverso il racconto delle varie fasi di amore e distacco tra i due protagonisti.
    Le numerose scene si sovrappongono e si mescolano, creando una narrazione frammentata, costituita da molti flashback e flashforward, che creano però un incredibile senso di linearità alla narrazione.
    Questo connubio di sentimenti è tenuto sotto controllo unicamente all'interno della città di New York, che diviene il vero guscio del protagonista. Sarà infatti con l'uscita dalla città che tutte le illusioni cadranno, provocando la fine del rapporto tra Alvy e Annie.
    Io e Annie è per questi motivi il primo film in cui viene mostrato il vero lato pessimistico del regista.
    Allen cerca infatti di capire il perché esistano le relazioni, cosa le governano, e perché esse possono crollare, ma non riesce a dare una risposta definitiva, interpellandosi infine a una verità inconfutabile, ossia che nulla ha significato in quanto l'uomo ha per sua natura bisogno della donna.
    Da ciò si capisce come il pessimismo alleniano sia agli arbori, in quanto vi è quella leggerezza di intenti che rende questo film ancora piuttosto ottimistico, rispetto ai futuri.
    Dopo Io e Annie infatti il cinema alleniano subirà un ulteriore passo avanti grazie a Manhattan, che ne è la continuazione artistica.
    Esso parla di Isaac, un autore televisivo che, lasciatosi con la moglie, inizia una relazione con Tracy, una ragazza di 17 anni.
    L'incontro con Mary, la donna del suo migliore amico, sconvolgerà il povero Isaac facendogli capire di dover troncare i rapporti con Tracy.
    Ma presto la razionalità di Isaac verrà meno, portandolo a cambiare idea e a tentare di riconquistarla quando lei, infine, si accinge a partire per Londra.
    Se in Io e Annie, Allen usciva anche fuori da Manhattan, esprimendo in ogni caso l'amore incondizionato per la propria città, in Manhattan, New York è il vero e unico centro del mondo alleniano. Essa è mostrata in tutta la sua bellezza e magnificenza, in un tributo iniziale dove Isaac spiega i motivi per cui ama New York, concludendo il discorso dicendo: "No, aspetta, ci sono: "New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata...".
    Il Woody Allen artista è, in Manhattan, più sicuro dei propri mezzi, del messaggio che vuole trasmettere.
    L'emblematico bianco e nero ne è la prova, capace di creare un'atmosfera magica in una città completamente in linea con il regista. Eterna la scena della panchina, dove viene toccato probabilmente il più alto livello formale nell'intera filmografia di Allen.
    Le tematiche lanciate in Io e Annie sono in Manhattan riprese ed elevate al massimo.
    Risulta infatti un film con un tenore più drammatico rispetto alla pellicola del 1977, condizionata probabilmente dalla passione dello stesso regista per il genere, affrontato l'anno prima, nel 1978, con Interiors.
    Il pessimismo alleniano è infatti ben affermato e con un carattere predominante rispetto a Io e Annie. Se il personaggio di Alvy alterna sicurezze ad insicurezze nel rapporto con le donne e con la vita stessa, quello di Isaac è incapace di risolvere i propri problemi, ed è condizionato completamente dalle sue paure.
    Il personaggio di Manhattan si muove poi per le sue strade, i suoi palazzi, i suoi scorci, incurante di ciò che accade al di fuori della sua città.
    La visione della vita secondo Allen è maggiormente approfondita in Manhattan, dove il regista new yorkese si interroga per la prima volta sulle cose che contano veramente, finendo infine per citare il viso di Tracy, e quindi l'importanza dei rapporti con le donne, senza capirne il perché.
    Dopo l'esperienza con Manhattan, Allen scrisse e diresse tantissimi film: Zelig, Hannah e le sue sorelle, La rosa purpurea del Cairo, Broadway Danny Rose.
    Bensì la vera continuazione di Io e Annie e Manhattan è Basta che funzioni.
    La sceneggiatura fu realizzata già nel 1977 per essere interpretata da Zero Mostel, ma la morte improvvisa dell'attore congelò per lungo tempo il film, che venne realizzato "solo" 30 anni dopo, nel 2009, con protagonista Larry David.
    Basta che funziona parla di Boris Yellnikoff, un fisico di mezz'età conosciuto a livello mondiale, che, dopo aver tentato il suicidio, divorzia e si trasferisce in una casa, dove procede con un deciso isolamento dal mondo, figlio di un odio profondo per le persone, che sono incapaci di raggiungere il suo intelletto.
    L'incontro con Melodie sconvolgerà la vita di Boris, che a poco poco si riaffaccerà sul mondo.
    I due dopo essersi sposati dovranno però fare i conti con i genitori di lei e l'arrivo di un giovane che sconvolgerà i sentimenti della ragazza.
    Imbientato nuovamente a Manhattan, dopo le parentesi europee, Basta che funzioni è come se chiudesse una sorta di trilogia ideale iniziata con Io e Annie.
    L'esperimento cinematografico dello sguardo in camera viene riproposto dopo circa 30 anni, attraverso l'interpretazione di Larry David, il più convincenti tra gli alter ego di Woody Allen.
    Boris è cinico, odia le persone, e si rivolge allo spettatore spiegandone i motivi, in un monologo esistenzialista più nevrotico e duro di quello fatto da Alvy Singer all'inizio di Io e Annie.
    Con questo personaggio, Woody Allen, non ha paura di dichiararsi un intellettuale, uno tra i pochi ad avere una profonda visione d'insieme, e di criticare l'uomo, la sua stupidità ed irrazionalità. Perché in un mondo dove tutto è caotico, la razionalità diventa meta irraggiungibile e strettamente necessaria.
    Il pessimismo presentato già in Manhattan è infatti evidente nei primi minuti della pellicola.
    Per la prima volta però questo atteggiamento subisce una brusca frenata e si ribalta, in quanto Boris presto si rende conto che le sue convinzioni sono troppo dure, e che le persone, in quanto esseri capaci di sorprendere, possono in realtà essere elementi positivi all'interno del mondo.
    Il film mostra infatti un Woody Allen molto più ottimista, ma sempre cinico, che gioca ancora con le domande filosofiche sull'esistenza, sui rapporti tra uomo e donna, ma che riesce a stemperare ogni sentimento negativo con un'inaspettabile frase, ossia: Basta che funzioni.
    Perché dopo anni di interrogativi, di non risposte, di insicurezze, la verità è che nella vita, come in amore, l'importante è proprio che tutto funzioni, senza porsi troppe domande, troppi problemi.
    Come quella barzelletta dove uno va da uno psichiatra e dice: "Dottore, mio fratello è pazzo, crede di essere una gallina. E il dottore gli dice: Perché non lo interna?" E quello risponde:"E poi a me le uova chi me le fa?", che corrisponde molto a quello che Woody pensa dei rapporti uomo /donna: e cioè che sono assolutamente irrazionali, e pazzi, e assurdi... Ma che continuino perché la maggior parte di noi ha bisogno di uova.

    Edited by jonny95 - 12/10/2015, 07:44
  12. .
    Death Proof di Quentin Tarantino.
  13. .
    Bè viky, anchio ho iniziato ad appassionarmi al cinema dopo aver visto Pulp Fiction. Ha una potenza talmente alta che non può essere commentato. Film eterno, il migliore di Tarantino.
  14. .
    Anche perchè se dovessi criticare chi non la pensa come me, avrei già litigato con sid 1 miliardo e mezzo di volte. Vero sid? xD
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    CITAZIONE (<<Brendon>> @ 7/10/2015, 21:51) 
    Mattone francese dal regista col nome impronunciabile, film per radical chic del cazzo che si sentono differenti dalla massa o credono di esserlo, sonnifero endovena.

    A me è piaciuto, e anche tanto. Ma ciò non mi rende un radical chic del cazzo.
    Il film è ben girato e con una storia, a mio parere, molto bella.
    Che poi sia un film, in certi punti, con un pò "troppi", come dice Ellie, va a discrezione della persona, e dei gusti.
    Ci sta che a te non sia piaciuto, ma quello che hai scritto mi sembra sbagliato.
    Anche perché la mia visione di cinema è diversa dalla tua, come è diversa da quella di altri utenti.
    Catalogare le persone in base al fatto che sia piaciuto il film mi pare eccessivo.
386 replies since 24/8/2007
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