The Young Pope

Paolo Sorrentino, 2016 - in produzione

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  1. Paranoyd
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    Ho concluso proprio ieri la serie fiondandomi sugli ultimi 3 episodi, divorati in una sola sera.
    Non sono un appassionato della serialità, di qualsivoglia tipologia... le cose a puntate generalmente mi arrecano noia e un senso di interminabilità che nemmeno i film più pallosi di Antonioni riescono ad incutere.
    The Young Pope per me ha rappresentato infatti un'eccezione di cui possono fregiarsi pochissime altre serie; Gomorra e Prison Break tra le altre.
    Il nostro Paolo Sorrentino racconta la storia di Lenny Belardo, un giovane papa nordamericano immaginario che ha scelto di farsi chiamare Pio XIII, abbandonato dai propri genitori da bambino, è stato allevato da Suor Mary, una maestosa Diane Keaton che incarna i più alti valori di maternità e cristianità, oltre che un talento sagace per la pallacanestro.
    Pio XIII è naturalmente Jude Law, talvolta acclamato come un santo, sovente viene accostato a Gesù Cristo benchè la bellezza celi una personalità a tratti diabolica, rivoluzionario e dispotico, manipolatore incontrollabile e irricattabile e sempre in lotta tra la fede e il non credere.
    Un po' Cristo e un po' Anticristo, Lenny si porta dietro il trauma dell'abbandono, che lo affligge relegandolo in uno stato di chiusura e incomunicabilità con i fedeli, amareggiati e delusi per le sue drastiche riforme che si sommano alla suo non-presenza durante i riti vaticani, sempre e comunque celebrati nella più mesta riservatezza, senza nè apparire al pubblico, nè concedere nulla ai giornalisti.
    Il vaticano (ri)creato da Sorrentino è un regno paradisiaco animato da cardinali che sono fumatori accaniti o camerati troppo accaniti di potere, o tutte e due le cose; suore che giocano a pallone e svolgono le loro mansioni avvolte da un' aura celestiale; canguri che saltano qua e là per giardini sterminati il cui ordine è garantito da guardie svizzere salde con rigore ai loro posti.
    C'è molto di autoriale in The Young Pope, di autobiografico intimista, di elementi tipici del cinema sorrentiniano che chi apprezza sicuramente non avrà difficoltà a riconoscere; il protagonita orfano, la figura della suora che si rifà a ciò che la sorella del regista ha rappresentato per lui, la passione per la musica che rende il Papa un amante dei Daft Punk e quella per il Napoli, che contiene rimandi in tutti i film del regista partenopeo ma che trova in questa serie quello più esplicito nel cardinale tifoso Voiello (uno straordinario Silvio Orlando). Innumerevoli anche le citazioni letterarie che qui si sommano a quelle teologiche, da Salinger (che secondo il papa è lo scrittore più influente proprio per il modo con cui avrebbe preservato la sua vita privata) a Sant'Agostino.
    Dialoghi di altissimo livello, continua ricerca dell'estetica estatica, una serie di situazioni che oscillano tra il mistico e il grottesco fanno di questa prima stagione una mosca bianca tra le serie TV, un'opera che riesce ad assottigliare il divario tra i limiti della televisione e quelli del cinema vero, che punta il dito senza accusare, che mette "sull'altare" l'individuo, dove invece regna una patina di infallibilità che non può permettersi di lasciar spazio all'ombra del dubbio.
    Se potessi scegliere, preferirei che il vaticano sia quello di The Young Pope, ma nessuno può dirmi con certezza che già non lo sia.

    Voto 8
     
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4 replies since 3/11/2016, 11:09   507 views
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