Torneranno i prati

Ermanno Olmi - 06 Novembre 2014

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    Torneranno i prati


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    DATA USCITA: 06 novembre 2014
    GENERE: Drammatico
    ANNO: 2014
    REGIA: Ermanno Olmi
    SCENEGGIATURA: Ermanno Olmi
    ATTORI: Claudio Santamaria, Alessandro Sperduti, Francesco Formichetti, Andrea Di Maria, Camillo Grassi, Niccolò Senni, Domenico Benetti
    FOTOGRAFIA: Fabio Olmi
    MONTAGGIO: Paolo Cottignola
    PRODUZIONE: Ciname Undici e Ipotesi Cinem con Rai Cinema
    DISTRIBUZIONE: 01 Distibution
    PAESE: Italia

    CITAZIONE
    Siamo sul fronte Nord-Est, dopo gli ultimi sanguinosi scontri del 1917 sugli Altipiani. Nel film il racconto si svolge nel tempo di una sola nottata. Gli accadimenti si susseguono sempre imprevedibili: a volte sono lunghe attese dove la paura ti fa contare, attimo dopo attimo, fino al momento che toccherà anche a te. Tanto che la pace della montagna diventa un luogo dove si muore. Tutto ciò che si narra in questo film è realmente accaduto. E poiché il passato appartiene alla memoria, ciascuno lo può evocare secondo il proprio sentimento.

    fonte ComingSoon

    Trailer


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    Altopiano di Asiago, 1917. Avamposto italiano a poca distanza dalle trincee austriache. Ermanno Olmi commemora i caduti della prima guerra mondiale con un film di guerra atipico, estremamente lento, con pochi dialoghi e quasi sempre appena sussurrati, avvolto in un costante silenzio evocativo; potremmo pure definirlo - col più abusato degli ossimori - un "silenzio assordante". Sì, perché con questa lentezza e con questo silenzio viene vissuta la logorante guerra di trincea nei momenti di tranquillità che, si sa, sono destinati ad essere interrotti senza preavviso; un'apparente tranquillità, dunque, carica di tensione.
    In questo film di guerra non si vedono mai i nemici e non si vede mai neppure la guerra, non come siamo abituati a vederla sul grande schermo. La telecamera si muove sempre negli angusti e squallidi spazi della trincea italiana, mostrandoci la quotidianità dei soldati, la condizione fisica e lo stato d'animo di chi è costretto a vivere in quel buco, d'inverno. Anche durante il bombardamento (unica scena "di guerra" nel senso classico del termine) Olmi ci tiene imprigionati in questa trincea per vedere come i soldati cerchino di ripararsi.
    Non c'è neppure una vera e propria trama: il film ci mostra una giornata come tante altre in trincea, trascorsa tra il momento del rancio, lo smistamento della posta, il riposo, l'attesa dell'attacco...
    Proprio per questi motivi, "torneranno i prati" non è un film di eroi che combattono per la Patria, bensì un film di uomini soli, fragili, disperati, che non hanno abbastanza coperte per proteggersi dal freddo, che dispongono di mappe tracciate alla meno peggio, che perdono la vita per obbedire ad ordini assurdi arrivati da ufficiali seduti in poltrona a chilometri e chilometri di distanza dal fronte.
    Direi che è stata azzeccata pure la scelta di scrivere i dialoghi in dialetto (prevalentemente veneto, ma si sente pure qualcuno del sud) con tanto di sottotitoli, per meglio rimarcare la natura dei soldati: uomini qualunque, magari contadini senza istruzione. Sono dettagli da poco, ma messi tutti assieme contribuiscono a rendere davvero realistica, e sentita, la ricostruzione della guerra di trincea fatta da Olmi.
    I prati del titolo, come viene svelato nel finale del film, non sono la pace e la prosperità tanto agognate, bensì l'oblio che si stenderà sulle gesta degli uomini; ora, in quei luoghi in cui si è combattuto appena un secolo fa, sono ricresciuti i prati a cancellare le fosse improvvisate per i cadaveri, i crateri delle esplosioni, la memoria del sacrificio di tanti uomini.
    Un messaggio al contempo ottimista e pessimista; la natura cancella i nostri orrori e ridona bellezza a luoghi in cui è stato versato del sangue, ma proprio per questo dobbiamo impegnarci maggiormente per mantenere la memoria.

    Naturalmente l'intento del regista è quello di denunciare l'insensatezza della guerra, ma è un messaggio pacifista che non viene sbandierato ed ostentato come in altri film (quelli da salotto radical-chic per intenderci), né raggiunto paradossalmente attraverso un'elegia della guerra stessa (quelle robe tipo "Salvate il soldato Ryan" cariche di patriottismo, cameratismo, eroi che fanno fuori millemila nemici ecc. ecc.), bensì è un messaggio che trapela lentamente dalla visione delle condizioni assurde in cui sono costretti a vivere e morire ragazzi comuni.

    A tratti mi ha ricordato il noto "Uomini contro" di Francesco Rosi con Gian Maria Volontè (che però per me rientra nella categoria dei film da salotto radical-chic), mentre per altri motivi mi ha ricordato "Orizzonti di gloria". Sta di fatto che è un bel film, ma lo stile adottato da Olmi - così evocativo, intimista - potrebbe naturalmente risultare indigesto a tanti altri.
    Sia chiaro, non aspettatevi un capolavoro, anche se mi sono dilungato a parlarne bene. È un film onesto, da 7/10, che non eccelle né pecca in alcun aspetto; la classica pellicola di un regista ormai 80enne che non ha più nulla da dimostrare, non è preso dall'ansia di far parlare di sé e fa film per proprio gusto e per i propri fan.
     
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    Ho gradito molto la recensione del vecchio Snaporaz, che restituisce perfettamente l'atmosfera plumbea di questo film.
    In tutto il film aleggia il silenzio, un silenzio di morte in cui i sussurri dei commilitoni hanno l'effetto del vento tra i rami degli alberi. Torneranno i prati serba già nel titolo l'idea del movimento, di una natura ricostituente che seppellirà col tempo il sangue e il sacrificio degli uomini che hanno fatto la guerra. Il film di Olmi è un voler fotografare, immortalare le condizioni e la vita dei soldati in trincea perchè ne rimanga un ricordo.
    E' infatti un film testamento, dedicato al padre del regista ormai ottuagenario.
    Il film riflette pienamente lo stile verista di Olmi, ed è infatti un Albero degli zoccoli di guerra, non spicca alcun personaggio principale, nessun atto di eroismo sbilanciato, ma anzi abbiamo un collettivo orizzontale nella sua messa in scena (gli uomini hanno tutti medesima dignità) seppure gerarchizzato nella storia: il maggiore è interpretato da Claudio Santamaria.
    Da notare come la natura del titolo, che suggerisce dinamicità, si scontra con la staticità della storia, tutta immersa negli spazi bui, angusti e inospitali della trincea in cui ci trasportano la regia di Olmi e una fotografia dai colori spenti, foschi e grigi.

    voto 8

    Edited by Paranoyd18 - 6/12/2023, 16:02
     
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2 replies since 4/11/2014, 12:02   54 views
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