Il cielo sopra Berlino

Wim Wenders - 1987

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    Il cielo sopra Berlino


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    Titolo originale: Der Himmel über Berlin
    Paese di produzione: Germania Ovest/Francia
    Anno: 1987
    Durata: 130 min
    Colore: colore, B/N
    Genere: drammatico, fantastico
    Regia: Wim Wenders
    Soggetto: Wim Wenders
    Sceneggiatura: Wim Wenders, Peter Handke, Richard Reitinger
    Fotografia: Henri Alekan
    Montaggio: Peter Przygodda
    Effetti speciali: Frank Schlegel
    Musiche: Jean-Paul Mugel, Axel Arft
    Scenografia: Heidi Lüdi
    Interpreti: Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Otto Sander, Curt Bois, Peter Falk

    CITAZIONE
    Il film è ambientato nella Berlino degli anni ottanta prima della fine della Guerra fredda. Due angeli chiamati Damiel (Bruno Ganz) e Cassiel (Otto Sander) vagano nella città come entità: sono invisibili e impercepibili dalla popolazione e in questa condizione osservano i berlinesi e ascoltano i pensieri dei passanti, tra i quali una donna incinta, un pittore, un uomo che pensa alla sua ex ragazza. Il loro motivo di vita non è lo svolgimento della stereotipata funzione dell'angelo ma piuttosto quello di vedere, memorizzare e preservare la realtà. Il film non è solo la storia di due angeli ma più in generale è una riflessione sul passato, presente e futuro di Berlino. Damiel e Cassiel sono sempre stati angeli quindi hanno vissuto Berlino prima ancora che questa fosse una città e, anzi, prima ancora che nascesse il genere umano.
    Tra i molti berlinesi che incontrano nel loro girovagare c'è un uomo anziano di nome Homer (Curt Bois) che come il poeta greco Omero sogna un'epica della pace. L'angelo Cassiel segue l'uomo anziano che cerca la Potsdamer Platz, una piazza che prima della Seconda guerra mondiale era una delle più belle d'Europa. Al suo posto l'uomo trova una spianata incolta, una specie di terra di nessuno, e il Muro di Berlino coperto di graffiti.
    Damiel e Cassiel sono solo osservatori, incapaci d'interazioni con il mondo fisico. Nonostante ciò Damiel, percorrendo la città, finisce per arrivare in un circo dove vede Marion (Solveig Dommartin), una trapezista bella e brava che si sente molto sola, e finisce per innamorarsene. Marion vive sola in un camper del circo, balla da sola sulla musica di Nick Cave and the Bad Seeds, e percorre sola la città.
    Una storia secondaria del film segue Peter Falk che nel film interpreta sé stesso. Falk arriva a Berlino per girare un film sui nazisti e durante la storia si scopre che in passato era anch'egli un angelo, che decise di rinunciare alla sua immortalità per poter partecipare e vivere il mondo e non semplicemente osservarlo.
    Damiel dopo un breve incontro con Falk decide di diventare umano e abbandona la sua esistenza spirituale. La prima cosa che Damiel sperimenta sono il sangue e il dolore: durante la caduta dall'immortalità si era ferito alla testa. Damiel per la prima volta vede i colori: l'esperienza da angelo nel film è rappresentata in bianco e nero, e le uniche note di colore fino a quel momento vengono utilizzate dal regista proprio per rappresentare l'allontanamento di Damiel dalla scena. Come umano Damiel sperimenta il caffè caldo, il cibo e altre esperienze della vita quotidiana. Nello stesso periodo Cassiel assiste impotente agli ultimi istanti di vita di un ragazzo che disilluso della vita si suicida lanciandosi da un palazzo. Alla fine Damiel incontra Marion durante un concerto di Nick Cave e lei gli parla come si conoscessero da sempre. Il film si conclude con Marion che esegue il suo numero, volteggia come un angelo con Damiel che la assiste.
    La presenza di questi angeli che osservano la realtà degli uomini, potrebbe aver tratto parziale ispirazione, dal testo teatrale "Sangue sul collo del gatto" di R.M.Fassbinder, nel quale una decina di personaggi raccontano la propria vita in presenza di un'aliena, Phoebe Zeitgeist, giunta sulla Terra per farsi un'idea della democrazia tra gli uomini.
    La storia continua nel seguito Così lontano, così vicino prodotto da Wenders nel 1993.

    fonte Wikipedia

    Trailer


    Video



    Edited by Viky017 - 11/5/2015, 22:01
     
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    E' il prossimo film che guarderò :)
     
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    Devo vederlo anche io nei prossimi giorni! Appena ho un po' di tempo per godermelo per bene!!! :lol:
     
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  4. ale truelove
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    il capolavoro di Wim Wenders! bellissimo film ambientato in una Berlino surreale e con Bruno Ganz in stato di grazia!
     
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    Incantevole.
    Due angeli, Damien e Cassiel, vagano per la Berlino degli anni '80. Invisibili, impercepibili. Osservano la vita in una città ancora divisa, percepiscono i pensieri della gente e si ritrovano a fine giornata per raccontarsi cos'hanno visto. In questo modo tante storie si delineano agli occhi dello spettatore: un anziano che ha vissuto la guerra, ha ancora negli occhi le immagini dei bombardamenti, vaga per la città alla ricerca della Potsdamer Platz ora ridotta ad uno spiazzo incolto e si sforza per diventare un "cantore di pace" (il suo nome è Homer, come il poeta greco); una giovane trapezista, Marion, che vive sola, percorre da sola la città ("In ogni caso non ci si può perdere: s'arriva sempre al Muro.") e balla da sola ai concerti di Nick Cave & The Bad Seeds (presenti realmente nel film mentre suonano tre pezzi dell'epoca); e infine il noto Peter Falk (aka Tenente Colombo) che in alcune sequenze metacinematografiche interpreta sé stesso sul set di un film sui nazisti.
    Damien si innamorerà di Marion e farà conoscenza con Falk, che si rivelerà essere un ex-angelo sceso nel mondo reale molti anni fa. Convinto dalle parole di Falk, anche Damien sceglierà di rinunciare al suo status di angelo immortale per calarsi tra i mortali e potersi presentare a Marion. Da notare come il suo passaggio dal mondo degli angeli a quello reale avverrà proprio come una "caduta fisica" (con tanto di ferita alla testa) e per amore (to fall in love, come direbbero gli inglesi). Il resto non ve lo svelo.

    Berlino non è il semplice scenario di questa storia, ma ne è la co-protagonista. Ed il film è anche una riflessione sul passato, presente e futuro di una città ferita e divisa, ma decisa a rialzarsi.
    È un film dal registro alto, dai toni poetanti, con rimandi a Rainer Maria Rilke; un "film in versi" grazie ai dialoghi profondi curati da Peter Handke. Un film che cammina su un sottilissimo filo teso a parecchi metri da terra col rischio di cadere nella pretenziosità e spocchiosità (e il dialogo finale forse pare effettivamente troppo artefatto dato il contesto) e che va visto solo se si è disposti a camminare sullo stesso filo, magari con aria un po' snob e senza lanciare occhiate al vile terreno lì sotto. Però c'è anche da dire che qualche trovata umoristica, la solitudine così umana di Marion e i toni favolistici e romantici riportano talvolta il film al livello del suolo.
    Eccezionale la fotografia, che alterna un tono monocromatico virato seppia - il modo in cui gli angeli vedono la realtà - ad un colore saturo, vivace, che ricorda il vecchio Technicolor - quando Damien cadrà sulla terra e diventerà un comune mortale in cerca dell'amore.

    Il tempo guarirà tutto. Ma che succede se il tempo stesso è una malattia?
    :9:
     
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  6. Ferro 3
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    Film più struggente tra l'interminabile filmografia di Wenders; si mischiano amore, odio, amicizia, rivalità con una leggiadria da maestri, d'altronde Wenders non è l'ultimo arrivato e sa benissimo il fatto suo. Il film è una poesia ad immagini che si gode nel completo abbandono dei sensi.
     
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    Una volta tanto vorrei soffermarmi, più che a spendere parole di magnificenza come è già stato fatto, su quelle che considero le (poche) note dolenti di questo capolavoro, che tengo a sottolineare, lo reputo tale indicibilmente dai punti che sto per analizzare.
    Non mi sono piaciute alcune esagerazioni, relative al monologo finale, che non ho trovato surreale, ma piuttosto irreale, lungo, monotono, mal sviluppato, nonostante mi lasciassi spesso affabulare dai versi poetici, credo che in questo caso, il poetante dialogare, sia pesante, negativamente pesante fino all'inutilità e alla forzatura. Parla solo lei, ininterrottamente e quasi incomprensibilmente per 3 o 4 minuti interminabili.
    Diversi soliloqui nella prima parte tuttavia avevano la missione ben compiuta di delineare l'introspezione dei personaggi e quindi assolutamente congrui nella loro non eccessivamente proibitiva altisonanza.
    Ho apprezzato i rimandi a Tarkovskij, a cui tra l'altro il tedesco Wenders dedica il film assieme a Ozu, ma nei film del russo ad esempio, sguazzanti di dialoghi di una certa levatura intellettiva, tutto quadra meglio, c'è un altro tocco, che anche grazie ad un'altra propensione all'estetica richiama meglio l'attenzione dello spettatore, abilità che a mio modesto avviso Wim non ha...una sensibilità che si traduce in "onestà", peculiarità generalmente orientale.
    Quando si cerca di fare un film del genere è molto, molto difficile non sprofondare nel ridicolo, con sceneggiature scritte a "supercazzola" e secondo me Il Cielo sopra Berlino è ad un passo dal correre questo rischio. Su Wikipedia c'è anche scritto che il copione è stato scritto in fretta in preda al panico di non rientrare nei tempi che deve aver influenzato gli addetti alla fase di scrittura Handke e lo stesso regista che in cerca di aspirazione ha girovagato per la sua capitale, io questo l'ho notato tantissimo.
    Poi altre tre cose, una tecnica e due concettuali.
    Primo: le inquadrature seppia, che caratterizzato l'intera prima parte danno l'idea di quella che è la visione degli angeli, ma non mediante inquadrature soggettive! Nella seconda parte a colori è un piccolo (piccolissimo) difetto che risulta un po' ingombrante quando viene inquadrato Kassiel ancora angelo, non ci viene posto il suo punto di vista, ma la sua immagine ed è seppia, ma va be'.
    I bambini vedono Damiel all'inizio quando è sull'altissima Statua della Vittoria, poi quando questi però passa accanto ad altri bambini in terra ascoltandone i pensieri, nessuno lo nota (?)
    L'effettiva impercepibilità e incorporeità degli angeli l'ho trovata un po' approssimativa e lasciata al caso, quando toccano oggetti viene usato l'effetto della dissolvenza, però abbracciano "tangibilmente" gli umani, siedono sui loro letti, sulle sedie della Staatsbibliothek e via dicendo, cose che comunque imprimono un che di fisico, materiale...non so come meglio spiegarmi, credo si sia capito.

    Mettiamola così, Wenders non è propriamente un maniacale e questi problemi non sono di certo così dannosi nel complesso, direi talvolta impercettibili, proprio come i due protagonisti, sarò un pignolo bastardo ma mi bastano per dargli un "putridissimo" 9 u.u

    Edited by Paranoyd - 22/3/2015, 22:16
     
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    -Siate il cambiamento che vorreste vedere nel mondo- Mahatma Gandhi

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    Berlino, due angeli, Damiel e Cassiel, visibili solo ai cuori puri dei bambini, vagano per la città ascoltando i pensieri dei passanti, cercando di lenire le sofferenze di molti di essi. A fine giornata i due angeli si ritrovano raccontandosi le persone che hanno incontrato, discutendo, spesso incuriositi, di come possa essere la vita umana, mortale.
    E' soprattutto Damiel a covare questo interesse. Sarà poi l'avvicinamento con una donna, una trapezista del circo, di cui l'angelo comincierà a innamorarsi, a spingerlo a modificare la sua condizione, diventando finalmente un umano.
    Nel mentre altre vicende si intrecciano, tra cui quella di Homer, anziano alla ricerca della Potsdamer Platz, ora distesa di terra delimitata dal muro berlinese ricoperto di graffiti, e Peter Falk, intento a girare un film sui nazisti. Tali storie sono sempre vissute dai due angeli, incapaci però di agire, spettatori invisibili di vite che scorrono, e che alcune volte si spezzano, come quella del giovane suicida che Cassiel osserva, impotente.
    Wim Wenders firma con questo film un'incredibile spaccato di vita della Berlino degli anni '80, una città grigia, ancora colpita dai problemi sociali del muro e segnata dalla guerra, ma che pullula di vita e di storie.
    Il regista propone molte di esse ponendo le figure degli angeli come spettatori, spettatori che siamo noi stessi, ma del film. Simbolica in questo la straordinaria scena in cui Damiel osserva dalla Gedächtniskirche, monumento attestante l'orrore della guerra, i berlinesi e la città.
    La visione degli angeli sul mondo è uno splendido bianco e nero tendente al seppia, tonalità che si scontra coi colori della vita, di quel riscatto che la città e i suoi cittadini cercano, quei colori che l'angelo finalmente vivrà quando, staccatosi dal proprio essere, sarà catapultato nella condizione mortale, e potrà finalmente cercare la donna amata.
    Qui egli sperimenta dolore fisico e molte delle attività della quotidianità; finalmente partecipa al mondo, non è più solo un semplice osservatore.
    Il film registicamente non è perfetto, presenta alcune falle narrative, che però non ne corrodono la qualità totale. Il cielo sopra Berlino è probabilmente il film più riuscito di Wenders, e non a caso è stato girato subito dopo Paris, Texas, altro capolavoro del regista tedesco.
    Ma la grandezza di questo film sta nel come il cinema appare nel cinema, ossia come la vicenda stessa del film sia puro cinema.
    Un'altra nota apprezzabilissima è nell'uso dei monumenti, dell'architettura, che nel mondo in cui viene ripresa e vissuta dai protagonista è l'elemento dominante del film. La già citata Gedächtniskirche, la biblioteca Staatsbibliothek, la statua della Vittoria e lo stesso muro, sono documenti indelebili della vita di una città splendida, quanto simbolica, come Berlino.
    Uno dei pochi film dove la vera protagonista è la città.
    Voto 9.5/10.
     
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    Un film "bucolico" specie all'inizio. Nonostante non sia il mio genere (di solito preferisco qualcosa di più lineare) non posso dire sia un brutto film, assolutamente. Concordo con chi sopra ha scritto che è uno dei pochi film in cui la protagonista è la città e questo è ciò che ho più apprezzato. Berlino è raccontata in tante forme, dal punto di vista di un anziano che vive di ricordi, di un giovane depresso, di uno straniero, di bambini. E non è nel suo periodo migliore, il muro è ancora su ed è pericoloso avvicinarsi. È una Berlino anche grigia ma non perchè fredda (come per esempio le città scandinave del Nord Europa nei film di Bergman) ma perchè triste, martoriata non solo dalla guerra ma anche da ciò che è venuto dopo.
     
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