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Votes taken by Paranoyd

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    Superman (1978), Richard Donner

    Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma che non avete mai osato chiedere (1973), Woody Allen

    Good morning, Vietnam (1986), Barry Levinson.
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    CITAZIONE (lola92 @ 13/11/2018, 22:11) 
    CITAZIONE (Paranoyd @ 11/11/2018, 22:00) 
    Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), Woody Allen

    Com'è "Il dittatore dello stato libero di Bananas"?

    Buffo, surrealistico, demenziale, intelligente. E' uno di quei film la cui comicità ti lascia di sasso, strapieno di gag e direi anche un po' profetico: sulla falsa riga della rivoluzione cubana, ha praticamente anticipato il golpe di Pinochet in Chile.

    Giulio Cesare (1953), Joseph L. Mankiewicz
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    Scritti corsari (1974), Pier Paolo Pasolini.

    Edited by Paranoyd - 31/12/2018, 11:23
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    Prendi i soldi e scappa (1969), Woody Allen

    Il dittatore dello stato libero di Bananas (1971), Woody Allen

    Fino all'ultimo respiro (1960), Jean-Luc Godard

    Questa č la mia vita (1962), Jean-Luc Godard
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    Sopravvissuto - The Martian (2015), Ridley Scott.

    Silence (2017), Martin Scorsese.
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    L’idea che ha concepito questo film non parte in pole position per due motivi: in primo luogo il brevissimo tempo trascorso dall’omonimo film originale – poco più di un anno – che rende questo film tacciabile di instant movie, i remake all’americana che nulla hanno da aggiungere allo sviluppo della controparte. Il secondo motivo è la difficoltà di replicare l’enorme successo di incassi riscosso in Svezia dal film di Oplev. Premetto subito che il mio sarà un commento scevro sia dal romanzo di Larsson, che non ho letto, sia dal film originale uscito l’anno prima.
    Il rischio di ripetere quanto fece Nolan con Insomia, l’improbabile remake ambientato in Alaska di un film norvegese di pochi anni prima è stato abilmente esorcizzato oltre che dalla pubblicità e l’intensa distribuzione statunitense, anche dalla vittoria dell’Oscar al Miglior Montaggio, che premia giustamente un film che ha la sua principale virtù proprio nella realizzazione tecnica.

    Svezia. Lo scrittore di una rivista scandalistica Mikael Blomkvist (Daniel Craig) viene ingaggiato da un ricco industriale di nove Henrik Vanger (Christopher Plummer) per far luce sulla scomparsa di sua nipote avvenuta parecchi anni prima. Ogni anno dopo la morte della ragazza, l’anziano Vanger riceve puntualmente da qualche sconosciuto, lo stesso regalo che era solita fargli sua nipote. Quando Mikael viene a conoscenza dell’abilità dell’hacker Lisbeth Salander (Rooney Mara), una ragazza punk dal passato tormentato e il presente complicato, la assume come assistente per decodificare l’oscuro misfatto.

    Scenari nebulosi, pioggia, ombre e scala di grigi al massimo sono i caratteri tipici del cinema di Fincher. L’inizio di Millennium infatti fa il verso a Seven e Zodiac, ricalcandone l’estetica pedissequamente in quei meccanismi del noir che il regista (di)mostra di addomesticare con grande destrezza. I tempi del film sono dilatati in una durata di due ore e mezzo, rispettando i ritmi del genere: dai lunghi bassi della prima ora a quelli più alti dell’ultima mezz’ora, in un climax di suspence che non solo fa luce sul mistero della trama ma anche sulle origini intricate dei due protagonisti, sulla natura contorta o insana del loro rapporto. Davanti a queste premesse sembrerebbe molto difficile sbagliare un film e malgrado i rischi che ho fatto presente all’inizio, le attese non vengono tradite. Lo reputo un ottimo film non esente da alcuni difetti più o meno perdonabili che riporterò più avanti.
    E’ innanzitutto un film sulla violenza, da quella fisica più efferrata a quella psicologia. La violenza di un padre di famiglia la cui ubriachezza infrange la vulnerabilità dei propri figli o quella carnale subita da una donna indipendente, Lisbeth. A questo canovaccio di violenza il film fa capo alla scomparsa di Hariett, giovane vittima del padre colpevole del duplice peccato, ubriachezza e misoginia, in un atto spregevole in cui si confondono oltraggio, bestialità, paura dell’inconfessabile.
    E’ anche un film di corpi: quello androgino, smunto, segnato, della ragazza col drago tatuato, Lisbeth quello protettivo e nerboruto di Mikael, a quelli cascanti e corpulenti dell’avvocato sadico Nils Bjurman e del misogino “ereditario” Martin Vanger (Stellan Skarsgård).
    Il montaggio, che è stato una volta tanto giustamente premiato dall'Academy, è congegnato in modo da dare al film una struttura discontinua nella prima parte, spezzando la storia di Mikael con quella di Lisbeth, alternando parallelamente le immagini dei due protagonisti fino al loro incontro, che sarà il punto in cui la trama entrerà nel vivo. Da allora curiosamente i due rimangono quasi sempre insieme, tranne in pochi momenti, che si riveleranno quelli di maggiore tensione. Un lavoro eccezionale.
    La rivista per cui lavora Mikael è quella che da’ il nome al film, "Millennium", un magazine economico intento a dissacrare le più importanti personalità della politica e dell’imprenditoria pubblicandone scandali e truffe varie.
    In questo particolare risiede un messaggio che il film avrebbe potuto sviluppare meglio e che Stieg Larsson, noto antifascista e antinazista avrebbe benedetto, ma ciò non avviene e se avviene accade in maniera parziale e indubbiamente edulcorata, ponendo l’accento più sulla perversione, l’antifemminismo, l’oggettivazione della donna, la violenza carnale che sul come e sul perché queste piaghe fermentino nell’alta società. Un marxista come me avrebbe trovato pane per i propri denti in un film che mettesse in luce anche temi quali il nichilismo e l’allegra finanza di cui quello che viviamo sembra essere appunto il millennio, e che stando almeno a Wikipedia, in questa trasposizione sono stati omessi:

    - Nel film non vengono menzionate le circostanze che portano alla "soffiata" avuta da Mikael, che lo porterà a scrivere l'articolo diffamatorio sul magnate Hans-Erik Wennerström;
    - Nel film mancano i numerosi colloqui avuti tra Mikael e Dirch Frode, così come i report sulle indagini fatti ad Henrik Vanger;
    - Nel film non viene menzionato come procede la polizia in seguito alla morte di Martin Vanger, nè il fatto che Lisbeth sia reticente ad avere a che fare con le forze dell'ordine.
    - Lisbeth sfrutta la confusione nelle aziende di Wennerström per rubare diversi miliardi di corone, nascondendoli in conti svizzeri. (Quest’ultima è tratta dalla pagina di Wikipedia sul romanzo)


    Limitandomi a ciò che il film vuole mostrare senza prendere in considerazione tematiche di contorno che avrebbero reso il film ancora più lungo, il risultato può dirsi comunque soddisfacente.
    Uno dei punto deboli del film è l’attore protagonista. Sono d’accordo con Patrizia da Bologna nell’affermare che la scelta di Daniel Craig è completamente sbagliata e la sua faccia da meticcio non si addice affatto al ruolo. Solo gli americani avrebbero potuto concepire un personaggio del genere, che svolge una determinata professione, con la faccia ottusa dell’attore britannico, che francamente mi sembra che stia soffrendo della sindrome della maggior parte degli agenti 007, inguaribilmente avviluppati in quella parte da non poterne più uscire. Avrei visto meglio un Patrick Wilson, un Woody Harrelson o al massimo Christian Bale in questa parte. Insomma, un attore più carismatico, opposto alla compostezza e all’eleganza (anche nei costumi) del Mikael di Craig.
    Il personaggio di Rooney Mara, Lisbeth, che Vincent Vega avrebbe aborrato come: “quella con le schifezze in faccia”, mi ha sinceramente colpito per come è scritto e l’interpretazione di Mara è tanto ispirata da rendergli giustizia.
    Mi ha anche parecchio attizzato sebbene non sempre gradisca l’eccesso di annessi cutanei.

    Perfetti Christopher Plummer e Skarsgård in un ruolo che mi ha ricordato quello di Nymphomaniac.

    Voto 7.5
  7. .
    Millennium - Uomini che odiano le donne (2011), David Fincher.

    Dahmer - Il cannibale di Milwaukee (2002), David Jacobson.

    Monkey shines - Esperimento nel terrore (1988), George A. Romero.

    Spawn (1997), Mark A.Z. Dippč.

    Oculus - Il riflesso del male (2013), Mike Flanagan.

    Sciopero! (1925), Sergej Michajlovič Ėjzenštejn.
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    Tesla
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    Concordo in pieno su tutto, come al solito.

    E' uno di quei film che si trova nelle classifiche per cinefili incalliti, come dice giustamente il vecchio Snaporaz, tra i film di guerra più quotati ed in vista malgrado la messa in scena, più unica che rara per un film del genere.
    Differisce dagli altri film di guerra perchè non pone al centro del suo impianto la dubbia etica militare (Orizzonti di gloria, Uomini contro), nè l'antimilitarismo (Per il re e per la patria, La grande guerra), nè la solita retorica bene-male (Salvate il soldato ryan, Berretti verdi). Mi sento di paragonarlo a film come Full Metal Jacket, il cui intento è di mostrare senza fronzoli didascalici la brutalità della guerrà, la distruzione che fa na padrone al suo passaggio, sulla natura e sui volti degli uomini che devono affrontarla. Florya alla fine diventa come il soldato Joker, che dice di vivere in un mondo di merda, ma che non ha più paura. Come ha sottolineato Snapo, la crescita del protagonista è radicale e la regia di Klimov coi suoi primi piani espressionisti (alternati ad altrettante belle soggettive) e l'interpretazione dell'attore protagonista fanno sì che il film sia promosso a pieni voti.
    I toni divertiti delle scene iniziali, in cui Florya e il suo amico cercano un fucile scherzando, rovistando tra dei cadaveri quasi ornamentali ignari di ciò che li attende, vengono sconvolti dalle atrocità della seconda parte in cui Florya si immerge man mano tra i suoi commilitoni, tra le foreste e le paludi della Bielorussia, palesemente scombussolato, come un qualunque ragazzo chiamato alle armi per adempiere al suo dovere.
    In più i dialoghi nel finale dopo il rastrellamento del villaggio, tra i partigiani e i superstiti nazisti sono di profondità elevatissima, racchiudono tutto il "gioco delle parti" che vige durante la guerra, il suo fatalismo, l'infausta casualità di indossare l'uniforme sbagliata al momento sbagliato.
    Un altro film che mi ha ricordato particolarmente e che ha la medesima struttura da Bildungsroman è L'infanzia di Ivan di Tarkovski.

    Voto 8.5

    Edited by Paranoyd - 5/9/2018, 12:23
  10. .
    Ancora un saggio di Slavoj Žižek:
    Dalla tragedia alla farsa - Ideologia della crisi e superamento del capitalismo.

    Edited by Paranoyd - 13/9/2018, 11:46
  11. .
    Molto interessante il video che hai postato, lola.
    Ho sempre pensato che Jim Carrey fosse una persona dall'intelligenza estremamente raffinata, che negli ultimi anni abbia rivelato una spiccata sensibilitą, complici anche i problemi della vita privata che a quanto pare gli hanno fatto perdere ogni inibizione davanti alle telecamere e alla stampa.
    Tu cosa ne pensi di quell'intervista? Puņ esserci del verosimile nelle sue parole o ha solo dato di matto?
  12. .
    The Iron Lady (2011), Phyllida Lloyd.

    Arrival (2016), Denis Villeneuve.

    Jason Bourne (2016), Paul Greengrass.

    Society - The Horror (1989), Brian Yuzna.

    Never back down 2: The Beatdown (2011), Michael Jai White.
  13. .
  14. .
    Io faccio eco a quanto ha già detto Zio che approfitto per ringraziare di vero cuore per le belle parole :wub:

    Dipende tutto da quanto vuoi prenderti seriamente e dalla dimensione di lettori che vuoi avere o a cui è indirizzata la recensione/commento.
    Un commento può essere qualsiasi cosa, che però verte su orizzonti sempre molto soggettivi. Una recensione è solitamente più tecnica, accurata e prolissa (non necessariamente), che purtroppo a volte è sinonimo di noiosa. Questo per chi non volesse sviscerare un film in tutti i suoi particolari, ma assaporarne il valore più superficialmente.

    Se hai letto i miei commenti qui, quelli più recenti ed "impegnati", e non quelli di quando ero un infante agli albori, puoi notare che hanno tutti la stessa struttura:

    1. PREMESSA (OPZIONALE)
    Cominci col parlare del clima che ha suscitato l'uscita del film, o nel caso dei film vecchi, spiegare il contesto storico in cui l'opera è stata partorita, il che è sempre molto gradevole ed importante se si vuole avere maggiore comprensione di ciò che si è visto. Questa precisazione aiuta non solo la comprensione del film dal punto di vista storico e socio-politico, ma in un certo senso avverte il lettore dal punto di vista tecnico che i mezzi adoperati per la sua realizzazione possono per ovvi motivi essere più rudimentali di un film di adesso, magari lodandone la modernità o sottolineandone la fattura obsoleta.

    2. TRAMA
    La trama di un film la si può leggere anche su wikipedia - che però spoilera troppo a volte - o guardando il trailer. Però un paio di righe abbastanza icastiche posso rendere la tua recensione più completa.

    3. CONSIDERAZIONI TECNICHE
    Tali considerazione servono a far capire quanto un film è ben realizzato in un'ottica il più oggettiva possibile. A seconda della resa sullo schermo, l'ago della bilancia penderà verso il bello o il brutto in maniera netta. Tuttavia va constatato che a volte un film ben realizzato può peccare in tutti gli altri campi e viceversa, quindi il parere cosiddetto "oggettivo" non basta a far bello un film al 100%.

    4. SIGNIFICATO ED INTERPRETAZIONE
    Questo è il campo che contraddistingue un buon critico da uno scribacchino da bar. Se riesci a cogliere ed esporre il significato intimo del film - ammesso che ci sia - puoi ritenerti di averlo compreso e riuscirai a fare la differenza come spacciatrice di film. Spiegare un film profondamente dovrebbe essere il vero compito di un recensore, ancor più che mettersi a pontificare su regia, fotografia ed effetti speciali. Se per te il cinema è un'arte, l'interpretazione che ne conseguirà avrà più valore dell'intero comparto tecnico. Molti lettori di recensioni - tra cui il sottoscritto - si concentrano solo su questo parametro per stabilire se un film merita o meno. Complice sicuramente la passione, nel mio caso, per la filosofia, la storia, la politica ed in senso più ampio le scienze umane.

    “Il cinema racchiude in sé molte altre arti; così come ha caratteristiche proprie della letteratura, ugualmente ha connotati propri del teatro, un aspetto filosofico e attributi improntati alla pittura, alla scultura, alla musica.” [Cit. Akira Kurosawa]

    Ruscire a cogliere gli aspetti di cui parla Kurosawa serve a capire e far capire che dietro il film c'è un pensiero romantico, uno sforzo umano, un'idea intellettuale che ha qualcosa da dirci e il tuo ruolo è smascherarli.


    5. GIUDIZIO SOMMARIO + VARIE ED EVENTUALI
    In questo spazio puoi concederti qualche riga per esprimere la tua tesi per cui il film andrebbe o non andrebbe visto, smontando o avvalorando i commenti dei rotocalchi tra critica mainstream, youtuber e tutti quelli che ci hanno ricamato attorno. Puoi sceglierti di schierarti col giudizio del pubblico o con quello della critica se i due collidono. Speculaci sopra, se il film ha ricevuto premi ed eventualmente manifestare il tuo dissenso in proposito, aizza alla polemica, se hai la pazienza di informarti.

    6. VOTO
    Personalmente preferisco il voto numerico perchè più preciso delle famose stellette. Creati un metro di giudizio tutto tuo, in linea con quanto hai detto nella recensione.
    Per essere più onesto, cerco di valutare i film in base al genere, ci sono blockbuster che mi hanno colpito a cui ho messo 8 perchè hanno saputo distinguersi nei loro rispettivi generi conservando qualcosa di autoriale. Su larga scala, doverli confrontare con film da 9 come Barry Lyndon o Gli Spietati puoi ben capire che è ingiusto, pertanto uso un metro di giudizio che differisce non solo tra film di genere e film d'autore, ma anche tra ciascun genere.
    Se vuoi proprio impegnarti puoi dare un voto uno ad uno a tutti i parametri (regia, fotografia, scenografia, sceneggiatura, colonna sonora...) e poi fare la media.
    Spesso il voto rischia di mettere in ombra quanto di intelligente hai scritto prima, qualora il lettore si concentri solo su di esso per sbrigarsi, come spesso accade, ma non dovrebbe essere un tuo problema.


    Non è proprio tutto, ma è abbastanza per iniziare :lol:

    Edited by Paranoyd - 16/8/2018, 13:22
  15. .
    La prima volta che vidi questo fu lo scorso anno, durante una maratona sul mitico Lucio Fulci, un regista grazie al quale tutti noi oggi, abbiamo un po' più libertà di esprimere il nostro pensiero. Epiche le sue battaglie contro la censura, che sovente si scagliava trasversalmente alle sue opere, un po' perchè poco attinenti al buon costume, un po' perchè troppo scabrose, un po' perchè troppo politiche.
    Parafrasando Caparezza oggi qualcuno direbbe: "Non mi piace Lucio Fulci perchè è troppo politico", ma io che ricordo l'insegnamento di Pasolini dico che quando si giudica un film, sarebbe più corretto parlare di film o non-film, piuttosto che di film politico o meno politico.

    L'aldilà è il film per cui Fulci viene ricordato anche all'estero, sicuramente quello che durante l'incursione nell'horror dai tempi di Zombi 2 gli ha procurato una schiera di fan inossidabili, da Tarantino a Sam Raimi, da John Carpenter a Robert Rodriguez. Un capolavoro che potrei prosaicamente definire la summa di tutta la Trilogia della Morte.
    Siamo davanti ad un tipo di cinema che o si ama o si odia, non ci sono mezze misure. Quelli che Hitchcock chiamava bonariamente fautori della verosimiglianza lo odieranno, così come i poco avvezzi allo stomachevole. Al contrario lo ameranno i ricercatori della creatività registica, i seguaci dello spavento più imperterriti, coloro che hanno occhio per un'eleganza tutta particolare, tale da diventare pittorica.
    I primi hanno a loro tempo salutato il film come un'opera disgustosa, relegandolo a due o tre misere stelle, che per un film di Fulci furono qualcosa di straordinario (di solito non ne prendevano più di due).
    I secondi lo hanno accolto come un capolavoro del cinema dalle trovate immense ed una stupenda visionarietà. Cercherò qui di analizzare punto per punto per quale motivo mi schiero felicemente tra i secondi.

    Il prologo ci porta a cinquant'anni prima dell'inizio della storia. Ci viene mostrato con accuratezza letteraria l'arrivo di un gruppo di giustizieri in un albergo in cui risiede un uomo accusato di essere uno stregone, il loro arrivo è accompagnato dallo sguardo attonito e impaurito di un maître di colore. Gli uomini inferociti delegittimano il sospetto con catene di metallo che gli scorticano letteralmente la pelle di dosso, subito dopo lo crocefiggono brutalmente ad una parete in cui vi è inciso uno strano simbolo, terminano il lavoro sommergendo l'uomo urlante di calce viva.
    Nello stesso momento una ragazza legge un libro intitolato Eibon, che dice che l'albergo è stato costruito sopra una delle Sette porte dell'Inferno. A quel punto il libro prende fuoco tra le sue mani e in mezzo alle fiamme spuntano ii titoli di testa.

    Tutta la sequenza ci riporta ad un periodo imprecisato, Fulci ci ricorda che le persecuzioni non hanno tempo e finchè ci sarà l'ignoto qualcuno sarà accusato di stregoneria. L'uomo, che poi si scoprirà essere un pittore, mentre implora pietà agli esecutori li avverte che solo lui può salvarli, ma le sue sofferenze rimangono inascoltate e la furia e la crudeltà lo mettono a tacere. Le scene sono virate in toni seppia che esaltano i rossi, non solo per darci l'idea di trascorso, di antico, ma sembrano presagire un vero e proprio spargimento di sangue.

    Quando veniamo fiondati nel presente ci ritroviamo davanti lo stesso fatiscente albergo cinquant'anni dopo e veniamo a sapere che è stato ereditato da una newyorkese di nome Liza. Da lì in poi il film procede la sua marcia senza seguire una trama realmente orchestrata, diventa più che altro un susseguirsi episodico di terrore e morte che probabilmente avrà fatto storcere il naso a quelli di Repubblica e altri addetti ai lavori.
    Gli scenari da brivido cui ci sottopone Fulci sono raccapriccianti, la protagonista, un'ispirata Katherine MacColl visibilmente pallida, accenna a malapena due sorrisi in tutto il film e la natura degli accadimenti è opposta alla sua natura di giovane borghese americana che crede solo in ciò che si trova davanti al suo naso. Stesso discorso per il dottor McCabe (David Warbeck), che da uomo di scienza - tema ridondante della filmografia fulciana è il contrasto insanabile tra scienza e superstizione - diffida "ciecamente" dei racconti di Liza fino a quando la verità non si paleserà davanti i suoi occhi.

    Sì, gli occhi. Si potrebbe scrivere un libro sul significato e sull'utilizzo della vista nel cinema di Fulci: sin dai suoi film minori, quando Franco Franchi era solito caratterizzare il suo personaggio (sempre lo stesso) con le sue espressioni strambe di irriverenza :shifty:, oppure quando nel thriller stringeva il campo per inquadrarne lo spaesamento delle vittime, fino a diventare il bersaglio da estirpare nel periodo horror.
    Il questo film in particolare, la vista contraddistingue i vivi dai morti. I ciechi del film sono quelli che hanno già "visto tutto" e la perdita della vista in un certo qual modo è una sorta di marchio che li ha segnati inguaribilmente e che devono portarsi appresso come una cicatrice. Paradossalmente i veri ciechi sono i vivi, i quali non vedono, per insensibilità e noncuranza, i mali e le mostruosità che appartengono intimamente all’aldiquà. Fulci impartisce una lezione ad un tipo di società che ostenta scetticismo e razionalismo, criticandone l’incredulità come assoluta freddezza. Per questo motivo occorre loro far cambiare idea, e portare i mostri dall’inferno al regno dei vivi per metterceli davanti agli occhi e restituire al mondo la follia perduta, quella che Liza a poco a poco acquisisce fino a sfiorare la pazzia.
    Una scena è esemplare nel far capire il concetto della vista ed è quella della bambina coi capelli rossi in ospedale, che sentendo le urla della madre entra in obitorio per accorrerle in aiuto. Tutto ciò su cui posa lo sguardo la povera bambina genera paura e disgusto insieme. Nel trionfo del sadismo fulciano vorremmo dire alla bambina di chiudere quei dannati occhi e magari andarsene di lì a gambe levate, invece Fulci insiste mostrandoci uno spettacolo terrificante.

    Il plot è basato insistentemente sulla ricerca delle immagini, un collage del Grand Guignol visivamente sensazionale che spazia da torture efferate, feroci sbranamenti, massaie di zombi, tarantole diaboliche, sinistri non vedenti, per arrivare al finale, una rappresentazione della pittorica desolazione dell’Aldilà.
    La regia di Fulci riesce a sublimare ogni squarcio di ciò che ho appena elencato divertendosi a sbatterci in faccia con primi piani, primissimi piani e zoomate i fiotti di sangue realizzati ad arte da Giannetto De Rossi e Maurizio Trani. La colonna sonora di Fabio Frizzi contiene quei sussurri che tormentano Liza e un brano al pianoforte che in una scena molto suggestiva esegue Emily, nulla da invidiare ai Goblin dei migliori film di Argento.
    Malgrado la messa in scena debba qualcosa a Bava e Corman, Lucio Fulci è riuscito ad imprimere anche al genero horror un suo tocco personalissimo attraverso uno stile truculento fatto di violenza che non risparmia nulla e montaggio serrato. I budget ristretti hanno rappresentato un limite per questo regista in poche occasioni e chiedersi cosa sarebbe stato con una maggiore disponibilità economica non può che dare rammarico agli amanti del cinema.

    Non ci sono scene mediocri, ho cercato di coglierne almeno una che abbia qualcosa di ordinario o quantomeno normale e non ve ne ho trovate. In compenso ho trovato sequenze intere da annali del cinema horror con inquadrature e montaggio da insegnare a scuola del cinema, qualche esempio:
    - Tutta la sequenza iniziale;
    - La comparsa sul ponte in mezzo al nulla di Emily col suo cane;
    - La morte dell'idraulico a cui vengono strappati gli occhi dalla mano cadaverica;
    - La succitata scena della bambina in obitorio;
    - La morte dell'architetto in biblioteca;
    - L'assedio degli zombi immobili che accerchiano Emily;
    - La fuga di Liza e del dr. McCabe in ospedale;
    - Il finale.

    Voto 9.5


    commento dedicato a PENELOPE29
507 replies since 23/9/2014
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