| Il film narra la storia di uno spacciatore, Monty Brogan, che dopo essere stato incastrato dalla polizia è destinato ad andare in carcere per 7 anni. Passerà le sue ultime 24 ore da uomo libero in compagnia della fidanzata, Naturelle, e dei suoi amici, un broker e un insegnante, che organizzeranno per lui una festa in un locale. Spike Lee, nella 25ª ora, mostra la New York post 11/09, una città che vive ancora con la paura, in una sorta di stasi, dove tutto sembra galleggiare, dove le persone si muovono ma non sono ancora capaci di andare oltre, di tornare alla normalità. Una città che vive ancora di rimpianti, di odio, ma che è comunque pronta prima o poi a rialzarsi. Ed è in questa New York catartica che si insinua la vicenda dell'uomo, qui rappresentato da un semplice spacciatore destinato alla galera, che vede dinnanzi a se un futuro buio, metafora splendida della dimensione post terroristica. Ed è la paura l'elemento dominante del film, la stessa paura che porterà il protagonista a mandare a "fanculo" le varie razze e persone che vivono a New York, dai neri del ghetto, agli italiani, passando per i cinesi e coreani, ecc... . Una serie di luoghi comuni, anch'esse simbolo di una situazione di crisi, di insicurezza presenti in un forte momento storico come quello dell' 11/09. Il carcere è il veicolo narrativo per mostrare una gamma di sentimenti vasta, che si tramuta poi in denuncia sociale di situazioni presenti negli Stati Uniti da moltissimi anni (sovraffollamento delle prigioni, mancanza di sicurezza, perdita della propria identità di essere umano, ecc...). E anche quando vi ci sarebbe l'opportunità di scappare, di vivere un futuro diverso, se solo si volesse, una 25ª ora, voluta e ottenuta, ci si deve scontrare con la realtà, con il naturale corso degli eventi. Bellissima e straziante in questo la scena finale, in cui il protagonista fa un viaggio attraverso l'ipotesi di un futuro da fuggiasco, ma radioso perché vittorioso sulle paure. Ma la famosa frase: "C'è mancato poco che non succedesse mai" e la seguente scena, danno il senso della drammaticità della realtà, e di una visione piuttosto pessimistica. In questo Spike Lee è molto bravo , attraverso soprattutto un uso di bellissimi e fluenti movimenti di camera, alcuni piani sequenza mozzafiato e uno studio compositivo molto approfondito. Ma il film a mio parere pecca su un frangente: spesso a scene molto belle sono contrapposte scene registicamente banali. Il film a mio parere è spezzato in modo significativo in due parti. La prima parte, che ho trovato meno funzionale e di minor fattura stilistica, ambientata per lo più di giorno, non incide in maniera particolare con scene squillanti e interessanti. La seconda invece, ambientata di notte e la mattina seguente, l'ho trovato praticamente perfetta, 1 ora di puro cinema e di scene e scambi di battute mozzafiato. La scena del pestaggio è poi talmente cruda e drammatica da valere forse tutto il film. Gli attori sono tutti molto bravi, a partire da Norton, che difficilmente sbaglia un colpo, ma è apprezzabilissimo soprattutto Philip Seymour Hoffman, personaggio piuttosto stereotipato ma, in tutti i suo insiemi di clichè, particolare e convincente. Concludendo direi che questo è un ottimo film, non forse un capolavoro, ma comunque un buonissimo prodotto, che consiglio agli amanti del genere drammatico, e a chi apprezza i virtuosismi con i movimenti di camera. Voto 7.5. |
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